Esercitazioni, droni e scenari di guerra: Usa e Corea del Sud rispondo al supermissile di Kim

Corea del Sud e Stati Uniti hanno condotto la loro prima esercitazione congiunta di fuoco vivo utilizzando droni per dimostrare alla Corea del Nord la loro prontezza al combattimento

Esercitazioni, droni e scenari di guerra: Usa e Corea del Sud rispondo al supermissile di Kim
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La risposta al super missile testato da Kim Jong Un non è tardata ad arrivare. Corea del Sud e Stati Uniti hanno condotto la loro prima esercitazione congiunta di fuoco vivo utilizzando droni per dimostrare alla Corea del Nord la loro prontezza al combattimento. Le manovre, che hanno coinvolto un drone di sorveglianza sudcoreano RQ-4B Global Hawk e un drone d'attacco statunitense MQ-9 Reaper, si sono svolte in una località non specificata del territorio sudcoreano. Soltanto poche ore prima Kim aveva impartito l'ordine di condurre un test un nuovo missile balistico intercontinentale Hwasongpho-19 e guidato sul posto un lancio di prova. "È il momento di mostrare l'enorme potenza del missile strategico più forte del mondo", scriveva l'agenzia nordcoreana Kcna annunciando l'evento.

La risposta degli Usa

Le esercitazioni Usa-Corea del Sud si sono svolte in uno scenario in cui i mezzi coinvolti nelle manovre hanno colpito "l'origine di una provocazione nemica" collocata in un punto immaginario nel Mare Orientale. Il drone RQ-4B sudcoreano ha condotto missioni di sorveglianza e ricognizione per identificare segnali di provocazione e raccogliere informazioni. Dopo aver ricevuto le notizie sul bersaglio proprio dall'RQ-4B (ottenute in tempo reale), il MQ-9 statunitense ha sganciato il missile Joint Precision Direct Attack (JDAM) GBU-38 con funzione di guida GPS sul bersaglio indicato nel più breve tempo possibile, dimostrando le sue capacità di attacco e precisione.

Una fonte militare ha spiegato all'agenzia sudcoreana Yonhap che le due parti non avevano pianificato di rendere pubbliche le esercitazioni, ma hanno deciso di farlo per lanciare un avvertimento contro la Corea del Nord dopo il lancio del suo missile balistico intercontinentale. Il messaggio inviato a Kim da Washington e Seoul è chiaro: i droni coinvolti nelle manovre, nelle interpretazioni dei due Paesi partner, sarebbero in grado di colpire obiettivi chiave dislocati in Corea del Nord o persino lo stesso Kim in persona. Non è forse un caso che da giorni l'intelligence sudcoreana diffonda voci secondo cui il presidente nordcoreano rischierebbe di subire un attentato, e che per questo l'apparato di sicurezza che protegge il numero 1 di Pyongyang sarebbe stato ulteriormente rafforzato.

Droni e missili: la penisola coreana si scalda

Il National Intelligence Service sudcoreano, dicevamo, ritiene che Kim starebbe aumentando il livello di sicurezza delle sue uscite, utilizzando per esempio un veicolo di disturbo delle comunicazioni e promuovendo l'introduzione di apparecchiature di rilevamento dei droni (e questo per paura di essere ucciso da un loro blitz). "Contribuiremo a mantenere una solida posizione di difesa congiunta sviluppando ulteriormente l'interoperabilità dei droni tra i due Paesi in futuro", ha intanto affermato Kang Geun Shin, capo del quartier generale delle operazioni aerospaziali dell'Air Force Operations Command, che ha pianificato l'esercitazione Usa-Corea del Sud.

La Corea del Nord, dal canto suo, ha lanciato un missile verso nord-est il 31 ottobre da un'area vicina a Pyongyang intorno alle 7:11 giapponesi che si è inabissato alle 8:37 al di fuori della zona economica esclusiva del Giappone, a ovest dell'isola di Okushiri, senza causare danni a aerei e navi. Il missile, che ha registrato un tempo di volo di 86 minuti e ha percorso una distanza di circa mille chilometri con un'altitudine record di oltre 7.

000 km, potrebbe essere un "nuovo tipo" di Icbm sviluppato dalla Corea del Nord, ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa il ministro della Difesa giapponese Gen Nakatani. La tensione lungo tutta la penisola coreana continua a crescere.

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