
Davvero oggi il problema dell'Europa in generale e dell'Italia in particolare è avere troppo pochi missili e carri armati? Per cui, una volta tirati fuori dalle tasche dei cittadini ottocento miliardi di euro che non abbiamo, saremmo tutti pieni di debiti ma molto felici e sicuri grazie ad arsenali traboccanti di droni? Sono portato ad escluderlo. L'ultima volta che l'Italia puntò su questo obiettivo finì malissimo: moltiplicammo baionette e sommergibili, ci ritrovammo umiliati e sconfitti.
Sono tesi qualunquiste, non ne dubito, ma bisognerebbe qualche volta ascoltare la vox populi. Concordo con Giorgia Meloni sul fatto che la parola «riarmo» sia antipatica, e susciti repulsione. Identificare la speranza di resurrezione, come ha fatto Ursula von der Leyen, nella formula «ReArm Europe», includendo la guerra nel nostro fatale destino, è logico che provochi disgusto e depressione. Infatti le armi di solito uccidono anche chi, dopo essersi riarmato, le impugna, come stiamo vedendo nelle guerre ancora in corso in Ucraina e in Medio Oriente. Non è solo, però, una questione di parole inopportune. Condire l'insalata di fiori carnivori con parole gentili tipo «sicurezza» o «difesa» - non rende la realtà da inghiottire meno indigesta al popolo, che non è tanto bue come si pensa. Giorgia in realtà vorrebbe cambiare le parole non per amore degli eufemismi, ma per due ragioni politiche.
1) Conosce molto bene l'animo della nostra nazione e non solo della nostra. In Germania, che per costume patrio non è portata a offrire violette, lo dicono i numeri. La maggioranza assoluta del popolo è contraria alla prosecuzione della guerra in Ucraina e contro la Russia. Basta sommare i voti dei partiti di Alternative für Deutschland (Afd), Bündnis Sahra Wagenknecht (Bsw) e Die Linke: il risultato è un no al «ReArm».
2) Meloni sa bene che il titolo deciso dai tecnocrati europei non era stata una scelta ingenua ma politica: esprimeva perfettamente lo spirito guerresco di coloro che impugnano le redini di Bruxelles stando a Parigi, Berlino e nonostante la Brexit Londra. Costoro intendono educare il popolo a stringere la cinghia nel nome dell'antico slogan «armiamoci e partite». Giorgia li ha costretti a modificare l'intestazione in Readiness 2030, cioè Prontezza 2030, allontanando il rullo del tamburo di guerra.
3) Non pretendo di essere l'interprete autentico dei sentimenti della Meloni fatico già a interpretare i miei -, ma essa ha margini di manovra ridotti, ed esercita l'unico grado di dissenso possibile. La sua volontà di cambiare i titoli serve a cambiare il senso di marcia. Deve tener conto delle alleanze, dell'isolamento che, nel caso di una presa di posizione seccamente contraria, condurrebbe l'Italia in un lazzaretto. Per cui mi fido di lei, e credo riprenda, con il proprio temperamento, la tradizione italiana di abilità mediatrice in politica estera dei vari Andreotti, Craxi e Berlusconi: saldamente atlantisti ed europeisti ma portati, anche perché hanno in casa il Papa, a essere i meno nemici dei nemici, riuscendo così a disinnescare alcune trappole esplosive sotto i piedi dell'Occidente.
Il riarmo è una trappola. Suppone l'identificazione di un nemico che stia per sopraggiungere, cioè la Russia. La guerra che Putin ha scatenato contro l'Ucraina (ingiustificabile) è da valutare nella testa dello Zar come un fatto interno, e si è sviluppata di fatto come una guerra civile atroce nell'ambito di una storia secolare di contese. Io non ho visto Putin pronto come Gengis Khan a indirizzare le sue orde contro di noi neanche nel febbraio 2022, figuriamoci oggi, vittorioso ma ferito e spompato. Dopo aver incluso nei confini russi i territori a maggioranza etnica e linguistica russa, come promettono le trattative di pace in corso, non ha alcun guadagno a stabilire rapporti ostili con l'Europa. Tantomeno a minacciarla oltrepassandone i confini. Funzionerebbe in quel caso l'art. 5 della Nato, e vorrebbe dire guerra totale. Putin non ha interesse, né risorse per insistere su quel lato. E non ce l'abbiamo noi a provocarlo armandoci come samurai. Ce l'hanno invece la Francia, che si propone come nostra scudiera ostentando i suoi missili nucleari e pretendendo con questa parata di sottometterci; e la Germania, che vedendo in crisi gravissima la sua industria automobilistica, ripristinerebbe la sua forza manifatturiera trasformando le sue officine come in passato fecero i suoi grandi capitalisti dell'acciaio e del carbone in fabbriche di armi.
Altri nemici? La Russia e la Cina sono intenzionate, è vero, a farci invadere dagli africani, e per questo hanno stabilito alleanze con molti Stati del Continente Nero che l'idiozia europea e americana ha consentito con una passività suicida. Non credo però che per frenare le flotte di canotti e pescherecci siano utili i missili e i carri armati. Il problema esiste, eccome, ma lo strumento contro le traversate di massa non è un riarmo da 800 miliardi ma leggi europee per la difesa dei confini marittimi che siano chiare e non interpretabili a capocchia dal giudice nostrano di turno, e investimenti grazie ad accordi con i Paesi africani che siano di mutua utilità e concorrenziali con quelli russi e asiatici. È il piano Mattei, insomma, quello che il governo di centrodestra con Meloni e Crosetto propone, invece di buttar soldi per il gusto di mostrare i denti all'orso russo attirandoci così le sue zampate.
Ho finito? No. La sinistra va in piazza per il riarmo europeo, anche se camuffa le sue intenzioni in modo ridicolo. Io proporrei un bel riarmo contro la criminalità nelle nostre città.
Sarebbe una bella svolta dopo le scelte del sindaco di Milano Beppe Sala e del suo consigliere Franco Gabrielli, a suo tempo capo della polizia per conto del Pd, di ergersi a paladini della sicurezza sì, ma della malavita contro i carabinieri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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