Un disastro con molti precedenti

Italia archeologica: rapporto da una catastrofe. In questo Paese dove ci sono forse più centri commerciali che strutture ospedaliere, come se i suoi abitanti fossero tutti presi da una folle e compulsiva spinta all’acquisto, il patrimonio archeologico - il più vasto, «denso» e prezioso del mondo - va allegramente in rovina. Qualche esempio per illustrare la situazione.
Pompei. 44 ettari di reperti archeologici fra i più illustri e straordinari esposti senza difesa all’assalto di un milione e novecentomila turisti all’anno. Un silenzioso pellegrinaggio? No, un’orda barbarica di gente che strappa pezzi di affreschi, gioca a palla sui mosaici, fa picnic sui capitelli e lascia al suo passaggio una valanga di rifiuti (cartacce, cicche di sigarette, lattine, bottiglie, sacchetti di plastica) che farebbe inorridire Attila. Le competenze sono molte e confuse, pochi i guardiani. Nel 2000 un incendio, probabilmente doloso, danneggiò seriamente gli affreschi della Casa di Ifigenia. Restano ancora 22 ettari dell’area archeologica da scavare ma mancano i fondi.
Piazza Armerina. La città in provincia di Enna dove si trova la celebre e bellissima villa romana del Casale con la rappresentazione delle «palestrite», le ragazze che fanno ginnastica in bikini, è un altro gioiello esposto alle offese continue. Fra il 1995 e il 1998 per ben tre volte la villa, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco, fu oggetto di sfregi da parte di vandali che ne imbrattarono i celebri mosaici con vernice nera. Ma la cronaca quotidiana del monumento è fatta di sorveglianza insufficiente, mancanza d’acqua e sporcizia. E tutta la zona di Piazza Armerina è terra di razzie: furti continui nel 2004, depredate quest’anno le chiese di San Giovanni e San Giuseppe.
Matera. Il suo rarissimo centro storico - la Civita, il Sasso Caveoso e il Sasso Barisano - un luogo unico al mondo dove è possibile leggere a ritroso la storia dell’uomo dall’età contemporanea fino al paleolitico, è ancora oggi in gran parte abbandonato al degrado e minacciato dalla speculazione edilizia. Si è parlato perfino di un ennesimo villaggio turistico sulle sue pendici.
Roma. L’ex caput mundi detiene il record dei monumenti archeologici chiusi per degrado o restauri infiniti. Secondo un documento messo a punto nel 2001 dal ministero dei Beni culturali, raccogliendo le segnalazioni di cittadini e appassionati d’arte, su 48 siti archeologici solo sei sono visitabili (anzi lo erano): il Colosseo, il Palatino, il Foro Romano, la Terme di Diocleziano, le Terme di Caracalla, la Domus Aurea. Cancelliamo la Domus Aurea, per la situazione di cui parliamo in questa stessa pagina, e ne restano cinque. Aggiungiamo che, come ha dichiarato il ministro Buttiglione, le visite a Caracalla «sono state ristrette» per la situazione degradata, e fanno quattro e mezzo. Inaccessibili al pubblico, il Foro di Augusto e il Foro di Nerva, ancora in restauro. Chiusi la Casa di Augusta e il Teatro di Balbo, la Casa di Traiano sull’Aventino ele Terme di Costantino. Fino a poco tempo fa era chiusa la casa romana del cimitero inglese, non più ispezionata da vent’anni perché non si riusciva a trovare la chiave. Ignoriamo se nel frattempo qualcuno sia riuscito ad aprire la serratura.

Inaccessibili dagli anni Ottanta la Domus Transitoria, il mitreo delle Terme di Caracalla, i resti archeologici sotto la chiesa di sant’Anastasia, le tombe della via Latina. Questo è quanto risultava dal rapporto redatto quattro anni fa. Che cosa è stato fatto nel frattempo?

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