"Discriminati da Berlino". Curdi tedeschi in rivolta

I consigli anti Covid del governo pubblicati in 20 lingue, eccetto la loro. Per compiacere Erdogan

"Discriminati da Berlino". Curdi tedeschi in rivolta

Una pagina web in venti lingue diverse con le regole e le raccomandazioni del governo di Berlino sulla lotta alla pandemia da coronavirus. L'eccellente idea è venuta al commissario governativo per le migrazioni, i rifugiati e l'integrazione, un ufficio che in Germania è ricoperto da Annette Widmann-Mauz, sottosegretaria alla cancelleria federale in quota alla Cdu, il partito di Angela Merkel. Il sito anti-Covid spiega fra l'altro quante persone si possano incontrare fuori casa, elenca gli esercizi aperti e quelli chiusi, ricorda i sussidi che si possono richiedere. La lista delle lingue è impressionante: solo per l'Europa si contano inglese, polacco, francese, spagnolo, italiano, croato, rumeno, bulgaro, magiaro, greco, albanese, ceco e croato. Non mancano ovviamente il turco e l'arabo e ancora troviamo il russo, il cinese, il vietnamita, il farsi, il dari e il tigrino.

Eppure in Germania esiste un gruppo di cittadini di origine straniera che è stato ignorato dal governo. Con il Giornale se ne è lamentato Mehmet Tanriverdi, trent'anni fa fondatore e oggi vicepresidente della Kurdische Gemeinde Deutschland (Kgd), la più rappresentativa delle organizzazioni dei curdi di Germania. «L'azione del commissario del governo nei confronti dei curdi è altamente discriminatoria: perché i nostri anziani non possono informarsi nella propria lingua su come si combatte il virus?», si domanda Tanriverdi. L'unica sua certezza è che quella del governo non è stata una dimenticanza. Nella lista delle lingue appare infatti anche il dari, una delle lingue ufficiali dell'Afghanistan parlata in Germania al massimo da 70mila persone, «ma noi curdi siamo un milione e mezzo, siamo la terza più grande minoranza dopo turchi e polacchi». La Kgd ha fatto presente alla signora Widmann-Mauz che anche la Corona-Warn-App, l'applicazione sviluppata per contenere il contagio da Covid-19, è stata tradotta in undici lingue ma non in curdo. Dopo molti solleciti, la sottosegretaria si è limitata a rispondere che il ministero della Salute aveva già pubblicato del materiale in curdo sul Covid «un unico volantino», conferma Tanriverdi e che comunque tanti curdi conoscono bene anche altre lingue. Testardi quanto rispettosi del sistema democratico, i dirigenti della Kgd hanno chiesto a tutti i gruppi parlamentari «ma non ad AfD» di interrogare il governo sulla vicenda. Dopo molte settimane è stato loro spiegato che aggiungere il curdo alla app sarebbe stato troppo costoso. «Allora ci siamo offerti di sostenere la spesa per conto del governo, ma nessuno ci ha più risposto». Nel frattempo Tanriverdi e i suoi hanno ottenuto un parere da parte del professor Christian Majer, ordinario di Diritto amministrativo all'Università di Ludwigsburg, avendo conferma che «oltre che degradante», la risposta della Widmann-Mauz sulla presunta conoscenza di tante lingue da parte dei curdi viola il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Legge fondamentale tedesca.

Tanriverdi osserva come l'identità curda non esista in Germania e come i curdi siano menzionati come tali «solo quando qualcuno di noi è responsabile di un reato, altrimenti siamo turchi, iracheni o siriani». Allo stesso modo i curdi tedeschi vengono conteggiati come musulmani: «Ma fra di noi ci sono sunniti, aleviti, yazidi, cristiani e atei. E certamente non siamo invitati in quanto curdi agli incontri fra lo Stato e le associazioni islamiche». Un po' meglio va a livello regionale, con sei Laender su sedici che hanno istituito corsi di curdo nelle scuole elementari accanto ai più tradizionali turco, polacco e italiano.

Perché, chiediamo a Tanriverdi, il governo tedesco così attento alle minoranze si ostina a ignorare i curdi? «Perché Berlino non vuole pestare i piedi ad Ankara», risponde. «Questa è l'unica ragione». La Turchia, ricorda Tanriverdi, è un importante partner economico e militare della Germania. «Si tratta di un rapporto antico che risale ancora ai rapporti fra l'impero tedesco e quello ottomano, e che abbraccia tanto i nazisti quanto Ataturk». Gli sgambetti della Germania ai suoi curdi sarebbero dunque un riflesso della politica estera tedesca. Una politica che in passato ha guardato ad Ankara come a un alleato e che oggi teme le intemperanze del presidente turco Erdogan. Così Tanriverdi ricorda il no del governo Merkel al progetto di indipendenza del Kurdistan iracheno dall'Iraq nonostante il 93% di sì ottenuti al referendum celebrato nella regione nel 2017. Oppure menziona «l'invio di panzer tedeschi nella primavera del 2018 a sostegno dei turchi in Siria».

Oggi i dirigenti della Kgd chiedono alla Germania di riconoscere e tutelare l'identità curda. E di seguire l'esempio del presidente francese che a inizio novembre ha messo al bando i Lupi grigi, «un'organizzazione nazionalista turca che si è macchiata di atti di violenza contro curdi tedeschi». A metà novembre il Bundestag si è espresso a favore dell'inserimento dei Lupi grigi nella lista delle organizzazioni nemiche dello Stato «ma nel frattempo i Lupi grigi mantengono i loro rappresentanti all'interno dei Consiglio centrale dell'Islam in Germania». Da notare, aggiunge Tanrivedi, che il Pkk curdo è stato messo fuori legge in Germania senza tanti complimenti già 30 anni fa «per compiacere Ankara».

Le difficoltà sono grandi ma alla Kgd non sembrano perdersi d'animo. «Il nostro prossimo passo sarà portare il commissario all'integrazione davanti a un tribunale costituzionale: e sono certo al 100% che otterremo giustizia».

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