Ditelo con i fiori (e senza urlare)

di Elda Lanza

Una rosa è una rosa è una rosa La famosa frase di Gertrude Stein ha avuto molte interpretazioni. Conoscendo la signora credo che volesse dire semplicemente che una rosa, nella sua totale bellezza, non ha bisogno di addobbi per essere bella: le basta essere una rosa.

Quando il mazzo di fiori è recapitato dal fioraio sarà avvolto in cellophan, nastri, impugnatura di carta argentata e quant'altro testimoni il gusto del fioraio. Ma se il mazzo di fiori è recapitato personalmente, è meglio evitare involucri ingombranti e pretenziosi: il mazzo deve essere semplice, di giusta proporzione. O, come diceva mia nonna, come se quei fiori li aveste colti nel vostro giardino. Appunto: una rosa è una rosa è una rosa

Ci sono occasioni in cui i fiori sono un obbligo sociale. Si inviano fiori a un matrimonio, recapitati in casa della sposa. Per un invito a cena facendoli recapitare il mattino seguente la cena con un biglietto, rigorosamente scritto a mano, in cui si ringrazia per la bella serata trascorsa. Inviarli il giorno della cena è moda recente, pratica ma meno elegante. Meglio evitare di recapitarli a mano, la sera della cena, creando imbarazzo per la sistemazione. Per un funerale si inviano in chiesa; a casa, se si è in amicizia. A un uomo: una pianta meglio di un mazzo di fiori e persino meglio dell'unica rosa a gambo lungo. A un malato o a una puerpera fiori senza profumo e non troppo vistosi. A un'anziana signora fiori dal profumo e dai colori delicati. Per la tavola moderazione e totale mancanza di profumo.

Dei fiori non si ringrazia mai, soprattutto quando rappresentano il ringraziamento per una cortesia ricevuta. Si ringrazia sempre per matrimonio, funerale, nascita di un bimbo, compleanno e altre feste comandate. Non si ringrazia, invece, per i fiori d'amore: a noi insegnavano di appuntare alla scollatura un ramoscello del mazzo ricevuto, a testimoniare che era stato gradito, significati collaterali inclusi. Cresciuti possiamo ringraziare con una frase gentile: ti ringrazio di esserti ricordato che amo le viole.

Ma i fiori hanno un significato, un loro linguaggio che possiamo interpretare? Il linguaggio dei fiori è noto da epoche molto remote. La peonia, il mio fiore preferito, conosciuto in Cina dall'VIII secolo è considerato sacro. Simbolo di abbondanza e di generosità, prende il suo nome da Peonio, medico degli dei

Il crisantemo, che soltanto in Italia è fiore dei morti, in Cina è coltivato da oltre duemila anni e in Giappone l'Imperatore siede sul trono del crisantemo. Il suo simbolo è, per ironia, di lunga vita. La semplice margherita simboleggia innocenza, discrezione. Il melograno, fiore e frutto bellissimi, simboleggia l'amore ardente; la violetta, la tenerezza; i mughetti, la felicità che ritorna, la riconciliazione. Le orchidee, care a Nero Wolf, come le calle, esprimono bellezza esotica e sofisticata, tanto che Marcel Proust mette orchidee e piume di cigno tra i capelli e sull'abito di Odette, fanciulla in fiore. Il giglio, che deve il suo nome a Li (bianco) in celtico, è il fiore che i greci credevano nato dagli dei. Il garofano, legato alla Dea Diana, deve il proprio aroma speziato e sensuale alle lacrime di un pastorello abbandonato dalla dea.

La ninfea è legata a una leggenda molto poetica, di una ninfa bellissima di cui si innamora Raggio di Sole: la fanciulla scende nel fango per riemergere con le mani colme d'oro, ma il peso dell'oro glielo impedisce e morirà nel fango con quelle sue mani bianche colme d'oro.

Tutte sciocchezze? Certo.

Perché i tacchi a spillo di dodici centimetri, i brillanti nel naso, i tatuaggi sarebbero cose serie? Il colore dei fiori nasce dalla necessità di attrarre insetti impollinatori che trasportano il polline da un fiore all'altro della stessa specie per fecondare e provvedere alla nascita di altri fiori e frutti. Esattamente come i tacchi a spillo, i tatuaggi, i brillantini al naso.

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