La donna kamikaze catturata si confessa in tv

Sajida al-Rishawi
Sajida al-Rishawi

Questa volta l’ineffabile Abu Maysara al-Iraqi, portavoce preferito del terrorista Abu Mousab al Zarqawi e della sua succursale irachena di Al Qaida, ha sbagliato di grosso. Se avesse aspettato un po’ prima di metter in rete il comunicato con cui rivendicava il primo attacco suicida di coppia forse lei l’avrebbe fatta franca. Invece grazie all’informazione di Abu Maysara la mancata terrorista suicida è stata bloccata dai servizi di sicurezza giordani, ha confessato di esser la sorella di un ex luogotenente di Zarqawi ucciso a Falluja e ha raccontato la sua storia di attentatrice fallita.

La vicenda di Sajida Mubarak Atrous al–Rishawi, kamikaze di poco successo, incomincia a delinearsi venerdì scorso quando Abu Maysara imposta su internet il terzo comunicato di Al Qaida-Iraq sulla strage nei tre hotel di Amman. Il comunicato illustra le fasi dell’attentato, lo attribuisce a un commando di quattro kamikaze e cita il nome di battaglia di tre di loro. Subito dopo identifica il quarto kamikaze come la moglie di uno dei tre smaniosa di sacrificarsi al suo fianco. Per gli inquirenti quel comunicato è una vera soffiata. Sulla scena delle stragi non si trovano resti di donne kamikaze e gli uomini dei servizi di sicurezza abituati alla precisione dei comunicati di Abu Maysara capiscono che qualcosa non ha funzionato. E, soprattutto, capiscono che il quartier generale di Al Qaida sembra ignorarlo.

Scatta, così, la caccia a una donna in fuga, senza più contatti. Ai servizi segreti giordani bastano 24 ore per arrivare all’obbiettivo. Ora di lei e del marito 35enne Ali Hussein Ali al-Shamari, fattosi saltare nella hall del Radisson Hotel, sappiamo tutto. O almeno tutto quello che i servizi segreti giordani le hanno fatto raccontare davanti alle telecamere della televisione del regno.

Lei, sorella di un defunto luogotenente di Zarqawi, appare con un velo bianco sul capo, una tunica nera e la cintura esplosiva che avrebbe dovuto utilizzare. È nervosa, si mangia le parole, deglutisce, si tormenta le mani. «Mio marito indossò la sua poi mi strinse attorno alla vita questa e mi spiegò come utilizzarla» racconta Sajida. Ma quando arrivano nella hall dell’hotel Radisson vestiti come per andare a una festa qualcosa non funziona.

Alì Hussein allontana da se Sajida e le ordina di farsi esplodere in un’altra zona della sala per moltiplicare il numero delle vittime. Lei obbedisce, corre dall’altra parte, sente il boato di Hussein esploderle nelle orecchie e mette la mano sul cordino. Trattiene il fiato, tira, attende, ma intorno continua a sentire le urla delle vittime di Hussein, il fiato della calca, gli spintoni dalle donne e dagli uomini in fuga. Ci riprova ancora. Una, due, tre volte.

«Mio marito si era già fatto saltare ma questa – racconta posando la mano sulla cintura esplosiva – non ha funzionato, allora mi sono girata e sono fuggita con il resto della gente». Ma esiste anche una versione che fa pensare a un trucco architettato dal marito per salvare la moglie dai suoi propositi suicidi. Alcuni testimoni raccontano di aver visto una donna armeggiare con una mano tra i vestiti e poi un uomo avvicinarsi e trascinarla fuori. Dunque Husseini, per gli amanti delle ipotesi romantiche, avrebbe preparato una cintura non funzionante e approfittando dello smarrimento di Sajida l’avrebbe spinta fuori dall’hotel. Poi sarebbe rientrato e si sarebbe fatto saltare. Anche perché volendo farla morire con sé gli sarebbe bastato abbracciarla e far esplodere la propria cintura.

Grazie alla confessione di Sajida gli inquirenti hanno ricostruito tutte le mosse del commando arrivato in macchina dall’Irak lo scorso quattro novembre e sistematosi in un appartamento alla periferia di Amman per preparare il triplice attentato.

Ricostruendo le fasi dell’attentato il vice primo ministro giordano Marwan Muasher ha sottolineato come gli attentatori puntassero a uccidere il più alto numero possibile di civili. Quell’intenzione sarebbe comprovata – secondo Muasher - dall’utilizzo di un tipo d’esplosivo particolarmente potente e dall’inserimento nelle cinture da kamikaze di sfere d’acciaio per renderle ancora più letali.

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