Draghi, cavalieri e cattivi Ma a trionfare è il bene

Dopo Il Signore degli Anelli, ecco Eragon, che fa a meno di pedante genealogia dei personaggi, estesa prosopopea proto-albionica e vasta erudizione accademica di Tolkien. Ma il personaggio di Christopher Paolini non si chiamerebbe Eragon, senza il tolkieniano Aragorn. Vengono i brividi a pensare quanti alberi saranno abbattuti per dare carta alle tirature di un ragazzo che, ventenne, ha già all'attivo Eragon e Eldest (Rizzoli, 1.300 pagine complessive), che l'editore vende con zaino annesso per asporto! Dunque l'adolescente Eragon non ha un padre ed è stato abbandonato dalla madre. L'ha allevato lo zio contadino, ma lui non vuol zappare. Se ne va per il mondo e trova un uovo di drago, o meglio di draga, di nome Saphira.

Lei lo trascina per i cieli in una lotta per un potere ancora a base sacrale: c'è un re cattivo, Galbatorix (crasi di Galba e Vercingetorige), che ha tradito la classe dei cavalieri; c'è una spada magica, ecc. ecc. Il bene vince in un'ora e mezza: questo solo conta per i padri accompagnatori dei figlioletti.


ERAGON di Stefen Fangmeier (Usa, 2006), con Ed Speelers, Jeremy Irons, John Malkovich. 106 minuti

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