Due gemelline in bianco e nero

Quando Kylie si è vista consegnare le gemelline, appena uscita dalla sala parto, ha sgranato gli occhi e quasi si è messa a piangere. Le piccine le somigliavano da matti ma non potevano essere figlie sue. Avevano tutte e due il nasino piccolo e gli occhietti strabici, avevano tutte e due appena nate l’allegria dei bambini che non si stancano mai, avevano tutte e due lo stesso sguardo, identico a quello della mamma. Ma Remee era bianca, bionda e con gli occhi celesti, e Kian, che è nata un minuto dopo, aveva la pelle color cioccolato e gli occhi scuri scuri. Due facce dello stesso amore, gemelle ma diverse. Dicono: sono cose che capitano, in genere una volta ogni cento miliardi di casi. Il segreto è nascosto nei geni dei nonni: Kylie Hodgson, 19 anni, la mamma, e il suo compagno Remi Horder, 17, sono tutti e due di razza mista, papà nero e mamma bianca con i capelli biondi. I medici spiegano che lo spermatozoo con il gene relativo al colore della pelle nero si è unito a un ovulo con le stesse caratteristiche e lo stesso è successo per la gemellina in rosa: seme bianco, ovulo bianco. Ma spiegare le cose è come spezzare un incantesimo. Se ci sono mamme che sanno distinguere un gemello da un altro identico a colpo d’occhio, Kylie invece a volte fa fatica a riconoscerle: «Amano tutte e due sia le mele che l’uva, hanno lo stesso programma preferito, i Teletubbies, e se non si vedono per un po’ si cercano dappertutto e appena si trovano si abbracciano ridendo, uguali una all’altra». Due storie saldate in una, ma due destini da indovinare. «Certo quando saranno grandi spiegherò loro tutto. Ma si ameranno così per sempre...». Sarebbero piaciute ad Albert Einstein che all’Ufficio Immigrazione degli Stati Uniti alla domanda di che razza fosse rispose: «Razza umana...».

Di certo le due piccine somigliano al mondo di domani, al futuro che sarà: un mondo abitato da fratelli di tutte le razze e di tutti i colori, un mondo color arcobaleno senza più discriminazioni. Certo non è mica vero. Ma non immaginate come sia bello crederci...
massimo.veronese@ilgiornale.it

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