Ci risiamo. Stavolta ne hanno portati via due: un italiano di 65 anni, il siciliano Sergio Cicala, di Carini, e la moglie trentanovenne, Filomen Kabouree, originaria del Burkina Faso, ma anch’essa di nazionalità italiana. È accaduto in Mauritania. I due stavano attraversando la regione a sud-est del Paese per recarsi in Burkina Faso. Secondo le dichiarazioni di Alexia Cicala, la figlia di Sergio, stavano andando a trovare il figlio dodicenne di Filomen. I due sono le ultime vittime di una perversa ma oramai antica sindrome che ha a che fare con un turismo vellicatore di emozioni sballate che andrebbe stroncato sul nascere; ma che nessuno, a partire dai funzionari del ministero degli Esteri che devono poi sbrogliare matasse orribilmente intricate, attingendo a fondi pubblici, sa come affrontare.
Il nome di Sergio Cicala, 65 anni, è noto ai tanti italiani appassionati di viaggi avventurosi in Africa. Non è la prima volta inoltre che rischia la vita a causa della sua passione per il continente. Nel 1994 rischiò di morire saltando su una mina durante un viaggio in Ciad. Forse bisognerebbe affidarsi a quell’agenzia che realizza spot «socialmente utili» e ripristinare quello slogan che diceva: «Turista fai da te? Ahi ahi ahi...». Era in effetti, quella cui stiamo alludendo, una pubblicità che aveva a che fare con certi turisti svagati che si ficcavano in un mare di guai. Eppure non era ancora l’epoca dei sequestri di persona, operati in genere da bande di ladroni a caccia di riscatti, o da terroristi che, dietro la bandiera di un movimento di liberazione (dall’autorità costituita, dalla civiltà occidentale, dal Satana americano), sempre a denari finivano per bussare.
Sarebbe bastata quella pubblicità, a distogliere gli sprovveduti e i candidi dal mettersi in pasticci dai quali è difficile poi sfilarsi. Invece no. Invece la smania del difficile, del pericoloso, il gusto dell’Avventura con contorno di adrenalina, per gente che passa la vita dietro una scrivania, continua a trionfare. L’agguato ai due italiani è scattato nella notte fra venerdì e sabato sulla strada che unisce la città di Kobeny, a un migliaio di chilometri a Sud est della capitale Nouakchott, con il confinante Mali. Sul pulmino con targa italiana della coppia, una gragnuola di colpi d’arma da fuoco. Dritti sui copertoni e sulla carrozzeria, per far capire ai due, che forse avevano tentato la fuga, che era più prudente fermarsi. Secondo fonti della sicurezza e dell’amministrazione locale mauritana, la coppia sarebbe caduta in mano a una banda di predoni legati alla rete terroristica di Osama Bin Laden.
Quella Al Qaida nel Maghreb islamico (e la Mauritania è per l’appunto un Paese al 99 per cento islamico) che ha rivendicato tre settimane fa il sequestro, sempre in Mauritania, di tre operatori spagnoli. Dove l’italiano e la moglie fossero diretti, all’inizio non sembrava chiaro. Voci e sospiri, poi smentiti e zittiti dalla voce della figlia di Cicala che ha spiegato i motivi familiari del viaggio. Quello che è stato subito chiaro, invece, secondo le autorità locali, è che sarà difficile venire a capo di questa ennesima rogna. Lo dice Babah Sidi Abdala, portavoce del ministero degli Esteri della Mauritania: un signore che comincia a farsi una certa esperienza nel ramo. Al Qaida nel Maghreb islamico è infatti una delle organizzazioni terroristiche più attive del Nord Africa. Le azioni del gruppo armato sono dirette in prevalenza contro esponenti delle forze di sicurezza. Ma la caccia al turista «fai da te» è un diversivo. È a rischio zero, perché i turisti in genere non sparano, e frutta belle palanche, perché qualcuno, prima o poi, scuce dei bei dollari.
Attualmente, oltre alla coppia di italiani, i terroristi hanno nelle loro segrete il francese Pierre Camatte, preso il 25 novembre a Menaka, in Mali, e tre cooperanti che lavoravano per una ong spagnola, la Barcelona Acció Solidaria, rapiti il 29 novembre. Il gruppo terroristico legato ad Al Qaida è attivo soprattutto in Algeria, ma l’ipotesi che molti suoi adepti abbiano attraversato i confini delle regioni desertiche proprio a caccia di turisti, mescolandosi a gruppi criminali specializzati in contrabbando di sigarette, armi, droga e persone, non è affatto peregrina.
A gennaio, quattro turisti europei (una coppia svizzera, una settantenne tedesca e un britannico) furono sequestrati alla frontiera tra Mali e Niger. Poi, tra la primavera e l’estate, dopo aver visto il colore dei soldi, i turisti riebbero la libertà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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