Due nuove tecniche di autotrapianto contro la calvizie

Felicita Donalisio

Capelli diradati, che lasciano intravedere il cuoio capelluto: può essere il primo segnale dell'alopecia, un fenomeno complesso che colpisce prevalentemente gli uomini, ma anche molte donne. «Le aree più colpite sono quella frontale, dove si assiste già nelle prime fasi alla comparsa di una stempiatura, e quella al vertice, la parte più alta della testa, in cui, col tempo, si forma la classica «chierica», spiega il dottor Paolo Gigli, specialista in dermatologia e venereologia, presidente della Società Italiana di Tricologia con studi a Torino e Pescia (per informazioni:- www.drpaologigli.it). «Oltre a fattori genetici e immunologici, la causa è da attribuirsi ad una particolare sensibilità dei follicoli piliferi agli androgeni, gli ormoni maschili».
Troppo spesso il problema viene vissuto con rassegnazione, come se non ci fosse niente da fare. In realtà, oggi l'alopecia può essere affrontata con successo, con approcci strategici diversi a seconda dell'entità del diradamento.
Se la malattia è in fase iniziale, può essere utile la terapia farmacologica: «Trattamenti ormai collaudati da anni sono quello a base di minoxidil (sotto forma di lozione, da applicare direttamente ai capelli) e quello a base di finasteride (da assumere per via orale, una pillola al giorno)», afferma lo specialista. «Un'alternativa interessante è quella degli integratori: la novità è rappresentata dalla Boehmeria Nipononivea, un estratto di pianta originaria del Giappone, che ha un'azione simile a quella della finasteride (l'assunzione, per via orale, vene consigliata soprattutto a chi non ama i farmaci). Si tratta di soluzioni efficaci, che però richiedono un trattamento continuo: appena si smette la somministrazione, il processo della calvizie riprende».
Per un risultato definitivo è necessario l'intervento chirurgico.
«La chirurgia tricologica ha ormai raggiunto soluzioni estremamente efficaci e dall'effetto il più naturale possibile», commenta il dottor Gigli. «Grazie alle nuove tecniche è possibile programmare un rinfoltimento del cuoio capelluto addirittura personalizzato, che tenga conto delle diverse caratteristiche del paziente (sesso, età, forma del viso)».
Particolarmente utilizzate sono due metodiche di autotrapianto: la Fue e la Fuss. Realizzabili in day surgery, in anestesia locale, entrambe sono miniinvasive e completamente indolori. «La prima è indicata per il rinfoltimento di piccole aree (per esempio, le stempiature)», spiega il presidente della Sitri. «I bulbi vengono prelevati singolarmente dalla regione occipitale (i capelli di questa zona, infatti, non sono soggetti a caduta) e trapiantati nell'area che interessa. Subito dopo l'intervento il paziente può riprendere le normali attività e in poche sedute, della durata di poco più di un'ora, è possibile ottenere un rinfoltimento soddisfacente. La tecnica Fuss, invece, viene impiegata in caso di calvizie vera e propria, cioè quando il diradamento dei capelli riguarda zone piuttosto estese. In questo caso, sempre dalla zona occipitale, viene prelevata una losanga di cuoio capelluto. Si procede quindi con innesti monobulbari nella zona dell'attaccatura dei capelli, ed innesti di due o tre bulbi a mano a mano che ci si avvicina al centro della testa.

In questo modo, non solo si ottiene una capigliatura dal volume ottimale, ma viene evitato lo sgradevole “effetto bambola” della linea frontale. Rispetto alla tecnica Fue, la procedura Fuss richiede solo qualche ora di riposo in più: già dal giorno successivo all'intervento è possibile tornare alla vita quotidiana».

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