I dipendenti avevano lanciato l'allarme qualche mese fa, ora una lettera del Papa ai cardinali ha confermato che il temuto intervento sulle pensioni vaticane ci sarà. Giovedì scorso Francesco ha ammesso esplicitamente che "l'attuale sistema non è in grado di garantire nel medio termine l'assolvimento dell'obbligo pensionistico per le generazioni future”. Da qui la decisione di nominare il cardinale Kevin Farrell amministratore unico per il Fondo Pensioni con il mandato di mettere in pratica "provvedimenti strutturali urgenti, non più rinviabili".
Il deficit zero
Anche il sistema previdenziale vaticano è stato concepito per sostenere una pensione breve, ma oggi deve fare i conti con l'allungamento della durata della vita. I dipendenti presenti e futuri, come emerge dalla lettera di Francesco, rischiano di rimanere senza un’appropriata copertura previdenziale. Negli ultimi tempi il Papa si è dimostrato molto sensibile ai conti in rosso della Santa Sede ed è già la seconda volta che evoca il “deficit zero quale uno dei principali obiettivi da perseguire con determinazione per assicurare la sostenibilità economica della nostra organizzazione". Il problema è che sono pochi gli organismi che riescono a contribuire coi loro ricavi all'imponente deficit della Santa Sede. Tra le strutture più costose c'è senz'altro il Dicastero per la comunicazione a cui Francesco a fine ottobre ha annunciato la necessità di fare "disciplina sui soldi". Il Papa poi ha voluto dare una "sforbiciata" di circa 500 euro anche al "piatto" mensile dei cardinali impegnati nei dicasteri di Curia, mentre i "pensionati" li perdevano già diventando emeriti. La stretta sui soldi, inclusa la necessità di intervenire sulle pensioni, si deve alla Segreteria per l'Economia che dopo le riforme finanziarie è diventato l'organismo più potente in Vaticano. Sarebbe il suo prefetto, il laico Maximino Caballero Ledo, il grande sostenitore del raggiungimento del deficit zero che sta portando all'adozione di misure molto impopolari in Vaticano.
L'impatto sul conclave
I tagli a dicasteri, piatti cardinalizi e ora alle pensioni dei dipendenti stanno generando grande malcontento. I nuovi sacrifici richiesti ai cardinali e il mantenimento delle decurtazioni introdotte ai tempi del covid potrebbero svolgere un ruolo nel futuro conclave. I membri elettori del sacro collegio potrebbero chiedere discontinuità sull'economia: non tanto per contrarietà alle politiche di contenimento delle spese, quanto piuttosto per la convinzione che le diverse riduzioni delle loro retribuzioni non siano affatto risolutive ma si riducano a semplici mosse mediatiche. Francesco ora ha affidato al fedelissimo cardinale Kevin Farrell la missione di intervenire sul Fondo Pensioni. Il porporato americano avrà un ruolo fondamentale nel prossimo conclave perché Francesco lo ha voluto nominare camerlengo, affidandogli l'amministrazione della Chiesa in sede vacante. I numerosi incarichi che attualmente ricopre, prefetto del dicastero per i laici, la famiglia e la vita, presidente della commissione di materie riservate, presidente del comitato per gli investimenti, lo rendono il cardinale più esposto alle rimostranze dei suoi confratelli in un futuro conclave. L'ultima volta, nel 2013, il camerlengo era Tarcisio Bertone che assommava anche l'incarico di Segretario di Stato e che non a caso, secondo diverse ricostruzioni, finì sul banco degli imputati nelle congregazioni generali che poi spianarono la strada all'elezione dell'argentino Jorge Mario Bergoglio.
Papi e lavoro
Nella sua ultima lettera ai cardinali, Francesco ha scritto che la gestione del Fondo Pensioni è stato "un argomento al centro della 'preoccupazione' dei Pontefici che si sono succeduti sin dalla sua istituzione". Fu infatti Giovanni Paolo II ad istituirlo con il motu proprio "La preoccupazione" dell'8 settembre 1992. Nel 2010 invece Benedetto XVI aveva approvato l'istituto della contribuzione volontaria per il personale iscritto al Fondo Pensioni che, alla cessazione dal servizio, non aveva maturato il diritto alla pensione. In generale il tema del lavoro è sempre stato a cuore ai Pontefici che hanno cercato nei loro discorsi pubblici e nelle loro decisioni di far rispettare i principi della Dottrina Sociale della Chiesa. Alcuni Papi hanno saputo osservare e descrivere con lungimiranza le trasformazioni nel mondo del lavoro. Leone XIII ha dato un contributo fondamentale a calare la Dottrina Sociale nella modernità con la Rerum novarum del 1891. Meno ricordato è l'impegno di Paolo VI che proprio ai lavoratori si rivolse a chiusura del Concilio Vaticano II. Di recente sono state pubblicate, nel volume “Fede e lavoro. Paolo VI ad Aprilia e Pomezia” pubblicato dalle edizioni MiterThev della diocesi di Albano, due omelie dimenticate che il Papa della Populorum progressio pronunciò nelle "giovani" città laziali. In esse Montini si chiedeva se "la professione cristiana (...) è ancora una pianta che può vegetare nel terreno della vita moderna o se invece sia una pianta che va isterilendosi e morendo proprio per i fenomeni della vita moderno". La risposta non lasciava dubbi: "Vi scongiuro, carissimi figli: siate cristiani! siate cristiani! Conservate la fede di questa terra benedetta che si chiama Italia. Conservate la fede per i vostri figli, per le vostre future fortune, per il vostro lavoro e sappiate che non c'è incompatibilità tra la fede cristiana e la vita moderna". Paolo VI si preoccupava soprattutto nel passaggio che in quel momento, tra il 1964 e il 1965, avveniva dalle campagne alle industrie.
Ai lavoratori di Pomezia, Montini disse: "sappiate, in questo passaggio dalla vita antica alla vita moderna, dalla vita dei campi alla vita delle officine, dalla vita di ieri a quella di oggi..sappiate conservare la vostra fede cristiana e sappiate che non è contraria al vostro benessere".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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