E gli automobilisti si mettono in fila per la verde «low cost»

«Romano, fammene 10 euro. Mi raccomando, abbondante...». Prosciutto? No, benzina verde.
Ormai al distributore di gasolio si contratta come dal pizzicagnolo. Gli automobilisti, pur di risparmiare qualche centesimo a litro, ne spendono il doppio per cercare la super che sia mini nel prezzo. Insomma, è caccia alla stazione di servizio che promette il servizio più economico.
A Milano il primato del pieno modello-discount è di una piccola compagnia, «Sp Energia siciliana» che si trova in via Arzaga 20: qui la benzina verde costa 1,398 euro al litro. A meno di 50 metri svetta una tradizionale insegna Agip, quella con il cane nero a sei zampe su fondo giallo, che vende lo stesso prodotto a 10 centesimi in più. Un colosso degno delle «7 sorelle», sfidato da un piccolo petroliere fai-da-te di 83 anni: il signor «Sp», appunto, siciliano doc. «Sp», sta infatti per Sebastiano Pappalardo, storico fondatore della compagnia «Energia siciliana» che - almeno finora - ha sempre trovato la forza di dire no ai grandi signori dell’oro nero.
Il signor Romano, che gestisce l’impianto di via Arzaga, mostra con orgoglio il ritaglio di giornale in cui Pappalardo dichiara solennemente: «La soddisfazione più grande l’ho avuta quando si presentò un tale di una grossa compagnia. Posò il libretto degli assegni e mi disse: “Metta la cifra, noi compriamo tutti i suoi 300 punti vendita”. E io: “Non vendo nulla, arrivederci”». Trecento distributori completamente autosufficienti riforniti con autobotti proprie riempite di greggio comprate alle migliori condizioni di mercato. Risultato: un fatturato da 900mila euro, reso possibile da una politica commerciale priva di costi di marketing, promozioni e distribuzione del carburante. La stazione «Sp, Energia siciliana» è infatti quanto di più spartano si possa immaginare: niente raccolta bollini, niente pubblicità choc, niente gadget. Il signor Romano risparmia addirittura sulla tuta da benzinaio, gli automobilisti infatti li serve in «borghese». Tra lui e i suoi clienti c’è un buon rapporto: «Non è che qui si risparmia un granché, ma almeno c’è da apprezzare la buona volontà», commenta Luciano, mettendo mano al portafoglio, subito dopo aver fatto rifornimento alla pompa di via Arzaga. Sul punto è d’accordo anche Romano: «Il problema non si risolve tagliando di qualche centesimo il costo della benzina. Il problema vero sono le tasse».
In Italia gli impianti dove fare benzina sono 23mila, di cui 2mila «pompe bianche», ossia indipendenti. Di queste fanno parte compagnie senza «griffe» e 180 «padroncini» accomunati dalla capacità di praticare prezzi leggermente più bassi rispetto a quelli ufficiali dei grandi gestori. Il Codacons, calcolando una media di due pieni al mese, ha stimato un risparmio di circa 100 euro all’anno; ma - sul punto - dati ufficiali non ce ne sono e, difficilmente, ce ne saranno. «Alla fine del mese, quando lo stipendio è ormai agli sgoccioli, in pochi possono permettersi il pieno», testimonia Romano. Intanto la guerra delle «offerte speciali» continua a colpi di iniziative: le compagnie tradizionali puntano su sconti legati al servizio self service e notturno, mentre gli «indipendenti» giocano la partita della New Austerity riproponendosi come «bottegai» di fiducia.


In attesa di tempi migliori, proliferano i distributori low cost dai nomi evocativi: «Pit Stop», «Daytona», «Fuocoverde», «Auchan Self» ecc. Parola d’ordine per tutti: «Siamo noi i più convenienti». E qualcuno ha già preparato il cartellone «benzina in saldo». Grande scritta, grande bluff.

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