Siamo curiosi di conoscere come andrà a finire l'annuncio della fine della delegittimazione di Berlusconi e del suo partito che è stato dato nei congressi dei Democratici di Sinistra e della Margherita. In sintonia i maggiori leader della sinistra e del centrosinistra hanno finalmente riconosciuto che la democrazia dell'alternanza non può andare avanti così, con la perenne demonizzazione dell'avversario.
Nella relazione Piero Fassino ha tenuto a dire che «basta considerarci nemici, da adesso in poi saremo semplicemente avversari»; a sua volta Massimo D'Alema ha riconosciuto al Cavaliere «la straordinaria percezione di quello che si muove nel profondo del Paese»; Francesco Rutelli ha teso la mano all'avversario lodandone «il temperamento battagliero»; e perfino un sottile intellettuale come Michele Salvati ha auspicato che il futuro Partito democratico, di cui è progenitore, dovrebbe seguire le orme innovative di Forza Italia.
Queste esplicite dichiarazioni sono segnali ben più importanti della segnalatissima assenza dei fischi all'indirizzo del Cavaliere. A condizione però che non si tratti solo di «ammoine» da congresso per occultare l'atteggiamento diffuso in non pochi esponenti della sinistra ai quali piace calpestare l'etica politica e le regole democratiche che sono alla base dei grandi Paesi liberali dell'Occidente.
Il virus della delegittimazione, quanto non addirittura della demonizzazione dell'avversario, viene da lontano. Fin dalla nascita del rassemblement di centrodestra che nei fatti ha reso possibile l'alternanza di governo e di potere, molte delle voci che contano a sinistra si sono levate ed hanno operato non per battere con il voto l'avversario Berlusconi ma per eliminare con qualsiasi mezzo il nemico, di volta in volta considerato un fastidioso intruso o un pericolo autoritario.
La storia cominciò dal colle più alto con Oscar Luigi Scalfaro che distorse i poteri presidenziali contro il premier considerato una fastidiosa parentesi da cancellare. Proseguì con l'accanimento giudiziario che, più o meno consapevolmente, operò in sintonia con l'ala giustizialista dei post-comunisti. Infine i «girotondi» espressero al limite del grottesco quell'animus giacobino tanto gradito ai piani alti della politica illiberale e della gauche caviar, la cui più nobile aspirazione consisteva nel vedere in manette il parvenu della politica.
Non sappiamo se domani saranno mantenute le promesse fatte oggi.
m.teodori@mclink.it
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