E il Dottor Sottile faceva il tifo per un premier più «pesante»

da Roma

«Questa è la dittatura della maggioranza». Non usa mezzi termini Giuliano Amato per bocciare il progetto di revisione costituzionale della Cdl, a suo dire portatore di una deriva potenzialmente antidemocratica. Il «dottor Sottile» scomoda addirittura la parola dittatura per dipingere la figura del premier «assoluto». Un riferimento a quella parte della riforma che rafforza la figura del Primo ministro quale leader responsabile di una coalizione; gli concede il potere di nominare e revocare i ministri, come è dappertutto fuorché in Italia, e gli concede la possibilità di proporre al capo dello Stato lo scioglimento anticipato della Camera.
Alcuni di questi poteri, però, un tempo non risultavano affatto sgraditi allo stesso Amato. Basta andare a spulciare gli archivi parlamentari per rendersene conto. È l’estate del 1983 quando Bettino Craxi conquista Palazzo Chigi e nomina Giuliano Amato sottosegretario alla presidenza. A quei tempi il leader del Psi inizia la sua battaglia per il rafforzamento dei poteri dell’esecutivo. Il dibattito sull’utilizzo estensivo della fiducia domina la scena mentre Romano Prodi è impegnato nella vendita/svendita della Sme, con Giuliano Amato deciso a impedirla, coadiuvato dal capogruppo dei Radicali alla Camera, Francesco Rutelli. Già allora le riforme costituzionali sono nella mente di molti. E non mancano le polemiche sull’approccio decisionista del governo Craxi. Per questo Amato invia ai parlamentari un documento accompagnato da questa premessa scritta di suo pugno: «Caro collega, ho il piacere di trasmetterti la sintesi di uno studio effettuato dall’Ufficio Legislativo della Presidenza del Consiglio che penso ti possa interessare».
Lo studio analizza il procedimento legislativo in alcuni Paesi europei. E sottolinea come «la preminenza del governo e della volontà della maggioranza ai fini della produzione legislativa» sia «un dato caratterizzante delle principali e più consolidate democrazie europee». Gli esempi concreti non mancano. «In Inghilterra il caso che il governo sia in difficoltà nel far prevalere la sua volontà su un progetto di legge non è neppure contemplato» si legge nel documento. «In Germania il Cancelliere può porre la fiducia. E laddove la fiducia o l’urgenza gli sia negata può chiedere al presidente federale lo scioglimento del Bundestag o lo “stato di emergenza legislativo”». E ancora: «In Francia il governo per far passare un testo legislativo può impegnare su di esso la propria responsabilità. In Portogallo i decreti-legge possono restare in vigore finquando non sia loro negata la ratifica. In Grecia il governo può imporre alla Camera uno stretto contingentamento dei tempi in modo che la discussione si concluda entro tre sedute». Nel documento trasmesso da Amato c’è infine una statistica riportata per uno scopo preciso: convincere i parlamentari della necessità di rafforzare i poteri dell’esecutivo. «Un dato generale va rilevato che riflette conclusivamente i rapporti tra governo e Parlamento. In Italia la percentuale di approvazione delle iniziative governative sul totale delle leggi approvate è del 60%.

Per i Parlamenti olandese, danese, inglese, norvegese, tedesco, austriaco, belga e francese va, invece, dal 75% al 99%». Una circostanza evidentemente positiva. Seppure pericolosamente simile a una «dittatura della maggioranza».

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