E per fare un salto indietro nel tempo basta andare a Trieste a bere il caffè

Trecento anni fa è stata tra le prime città europee ad aprire le "botteghe". Qui si discuteva di attualità ma erano anche passerelle per eleganti signore

E per fare un salto indietro nel tempo basta andare a Trieste a bere il caffè

Trieste è un intreccio di culture. È «la piccola Vienna sul mare», incorniciata dalle rocce spigolose del Carso. È la città dove passato e presente convivono guardando insieme al futuro. Qui tutto resiste alla forza della bora e si specchia nell'eleganza di un'architettura che parla il linguaggio neoclassico, liberty, barocco in sintonia con le vestigia romane. Ma Trieste è anche una miscela di aromi e profumi legati al caffè. Porto franco per l'importazione del caffè sin dal Settecento, Trieste è il punto di smistamento più importante del Mediterraneo: qui arrivano chicchi destinati non solo alle torrefazioni locali, ma a quelle di tutto il mondo. Proprio trecento anni fa Trieste fu una delle prime città europee ad aprire «le botteghe da caffè», ovvero i ritrovi cittadini per incontrarsi, discutere, confrontarsi sui temi d'attualità. In quelle botteghe si faceva storia e politica, ma erano pure una passerella elegante per le signore alla moda e le belle ragazze in cerca di fidanzato. Locali «solidi» (tanto legno, di quello massiccio), tanta luce, tanti giornali a disposizione (fino a 48 ogni giorno, raccontano le cronache), tavolini accoglienti, poltrone vellutate, avventori di ogni provenienza portati dal mare e un tempo lento, da sorseggiare proprio come un buon caffè. Un luogo speciale, ispirato e ispirante. Non a caso Stendhal (a Trieste fu anche console), James Joyce, Italo Svevo e Umberto Saba in questi caffè hanno trascorso più tempo che nelle loro abitazioni, raccogliendo atmosfere e pensieri che ritroviamo nelle loro opere migliori. Oggi come allora quei locali restano punti irrinunciabili di grande «triestinità», c'è l'anima della città e di chi la abita, ma sono anche attrazioni turistiche, ritrovo sia di artisti che di letterati e spesso teatro di mostre e concerti. Perché, come spiega molto bene lo scrittore triestino Claudio Magris, quei caffè sono «il luogo in cui si può stare contemporaneamente da soli e fra la gente». Trieste, senza i suoi caffè, non sarebbe la stessa. Ieri, come oggi. Ecco perché il caffè è entrato a far parte del più tradizionale itinerario turistico, impreziosendo i punti più suggestivi della città. Il Caffè degli Specchi si affaccia su piazza Unità d'Italia, definita la più bella del Paese. E, ancora, il Tommaseo è a ridosso del Canal Grande, imperdibile all'ora del tramonto. E poi il San Marco, «seconda casa» di Svevo. E tutti gli altri, in una suggestiva cartolina che è un dedalo di vicoli acciottolati per salire alla cattedrale di San Giusto e godersi un panorama mozzafiato fino al molo Audace. Fermarsi a prendere un caffè è fare una sosta nella storia: ogni volta provatene uno diverso.

Un consiglio: acquistate all'azienda di promozione turistica «il pass per bere il caffè come i triestini». Al prezzo di 3 euro potete assaggiare 6 caffè scegliendo tra i locali più caratteristici. Una poesia scritta in 6 tazzine.

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