E il giudice ignorò la rapina: «Ha agito per frustrazione»

da Milano

La sua faccia riporta in prima pagina una stagione che sembrava arrivata ai titoli di coda. Meglio verificare con scrupolo ogni ipotesi quando ci si imbatte in un ex brigatista. Risultato: è slittato a oggi il faccia a faccia fra il Pm di Siena Mario Formisano e Cristoforo Piancone, l’ergastolano rapinatore. Ieri sono stati perquisiti l’appartamento torinese del terrorista irriducibile e la sua cella nel carcere di Vercelli. Insomma, si cerca di capire se la fallita rapina di Siena sia stata pensata per fare cassa oppure per finanziare il ritorno della lotta armata. Insieme ad altri complici, ancora da identificare.
Certo, Piancone si è comunque aggiornato ai tempi; non solo non si è dichiarato prigioniero politico, ma ora attraverso il suo legale Tito Borrello manda un messaggio quasi da ufficio stampa: «Sto bene e ringrazio gli inquirenti per il trattamento ricevuto». Almeno sul versante del lessico, Piancone non si è ancorato ai volantini anni ’70. E però resta difficile capire come gli sia stata concessa la semilibertà che il 16 ottobre verrà fatalmente revocata. Gli era già stata tolta una prima volta perché nel ’98 aveva prelevato dagli scaffali dell’Esselunga di Alessandria due paia di mutande, una confezione di pastiglie dietetiche e due di chewing gum ed era scappato spintonando due cassieri. Morale: si era beccato una condanna a due anni per rapina impropria e gli erano stati cancellati i benefici della Gozzini. Ma il tribunale di sorveglianza di Torino il 13 febbraio 2004 aveva trovato una giustificazione a quel comportamento: la rapina era stata il frutto di una «frustrazione». Testuale: «Appare verosimile che il condannato volesse cercare di veicolare in tale condotta una condizione di frustrazione». E perché mai? Piancone, pativa di «non poter essere adeguatamente vicino alla sua famiglia» e «preferiva essere detenuto in tutto e per tutto piuttosto che nella frustrante condizione di assaggiare parte della libertà senza poter essere di effettivo aiuto» ai parenti.
Evidentemente, stare all’ergastolo dev’essere assai faticoso e questo può portare a qualche intemperanza. Testuale pure questo: «Vero è che la carcerazione del condannato è stata caratterizzata da piccoli episodi di intemperanza, ma nessuno di essi ha mai intaccato il giudizio ottimo dato dagli esperti del trattamento, che ancora oggi si pronunciano univocamente per la meritevolezza del beneficio». Altro che rapina. Una promozione a pieni voti, quella di Piancone, quasi con standing ovation. Così l’ex brigatista, in carcere da un quarto di secolo, sulle spalle sei omicidi e due tentati omicidi, aveva riacciuffato la semilibertà.

Con un giudizio finale da incorniciare in bacheca come conferma il giudice di sorveglianza di Torino Alberto Marcheselli intervistato dal Tg3: «Era una concessione doverosa perché Piancone aveva una condotta decisamente partecipativa».

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