E ora l'Archivio Vasari viene sequestrato dai Carabinieri

Nuovo colpo di scena sul destino delle preziose carte: le forze dell'ordine pongono i sigilli e bloccano la vendita ai Russi

Fermi tutti, soprattutto gli eredi e i presunti compratori russi: le preziosissime carte di Vasari non si vendono. È questo, in definitiva, il senso dei sigilli giudiziari sulle porte della stanza di Palazzo Vasari, ad Arezzo, che ospita l'archivio dell'architetto umanista. Un Archivio la cui storia ormai è un giallo internazionale. Ecco le puntate precedenti: la famiglia Festari, erede per vie complesse dell'Archivio, si trova nei guai con il fisco: le carte vengono pignorate da Equitalia che le mette all'asta. La famiglia sostiene di averle già vendute alla russa Ross Engineering per 150 milioni di euro, ma questo non ferma la procedura ufficiale, tant'è che i Beni culturali, esercitando il diritto di prelazione, annunciano l'intenzione di partecipare all'asta. Prezzo base: un molto più modesto 2,6 milioni. Ma a sorpresa l'incanto viene bloccato dal giudice per le esecuzioni che accoglie un ricorso dei Festari. Il tempo passa, Equitalia non fissa una nuova data. Per i legali dei Festari cessa la validità del pignoramento: intanto sta anche per scadere il diritto di prelazione del ministero. Ma a questo punto arriva la notizia del sequestro: ieri i sigilli hanno messo uno stop a tutti i possibili termini. Di più, la procura di Roma ha ipotizzato il reato di tentata truffa aggravata ai danni dello Stato. La cifra offerta dagli «acquirenti che vengono dal freddo», cioè quasi 150 milioni di euro, è apparsa agli esperti inspiegabile, quasi che fosse stata fatta apposta per far lievitare il prezzo e convincere lo Stato italiano a un forte esborso per impedire che il bene passasse in mani straniere. Per avere certezze in questo senso, però, i magistrati dovranno mettere in piedi accertamenti internazionali.

Il ministro Bondi, che aveva disposto la trasmissione degli atti al Comando dei carabinieri per la tutela del patrimonio artistico, ha dichiarato che il sequestro conferma «la fondatezza delle perplessità» espresse dal suo ministero.

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