Da Gabriele D'Annunzio a Umberto Eco, passando per Leonardo Sciascia e Luigi Pirandello. Sono tanti gli appassionati celebri dell'Almanacco Barbanera. Si narra che il poeta D'Annunzio lo conservasse sul proprio comodino al Vittoriale, sul Lago di Garda. «La gente comune pensa che al mio capezzale io abbia l'Odissea o l'Iliade, o la Bibbia o Flacco, o Dante, o l'Alcyone di D'Annunzio. Il libro del mio capezzale è quello ove s'aduna il fiore dei Tempi e la saggezza delle Nazioni: il Barbanera», scriveva in una lettera del 1934.
«Torna come ogni anno lo storico lunario che risale al Settecento. Consigli d'altri tempi che però ci fanno risentire in armonia con la natura e riscoprono il sapere dei nostri nonni», sottolineava da parte sua Umberto Eco, aggiungendo: «Vorrei che i giovani cittadini d'oggi, che forse non hanno mai visto un bue e ignorano l'esistenza dell'eucalipto, possano incantarsi in consigli d'altri tempi consigli che ci fanno risentire in armonia con la natura e riscoprono il saper dei nostri nonni». Mentre Leonardo Sciascia scriveva: «Una volta, bambino ho preso un nichel per una pianeta. Mi incantava quella rozza cornice di segni zodiacali; e gli emblemi dei mesi, nel Barbanera che un mio zio portava all'inizio di ogni anno».
D'altronde l'Unesco, iscrivendo l'Almanacco Barbanera tra i patrimoni documentari dell'umanità censiti dal «Memory of the World Register», nel 2015, ne ricordava il valore: «È universale e deriva dal suo essere simbolo di un genere letterario - l'almanacco - che ha contribuito a creare cultura di massa e identità di intere nazioni».
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