Ecco gli autori che ci aiutano a capire il vero capitalismo

Da François Furet a Deirdre McCloskey: c'è ancora bisogno di ascoltare alcuni maestri del pensiero...

Ecco gli autori che ci aiutano a capire il vero capitalismo
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Se si vuole che il declino di questo Paese s'arresti, pure in Italia deve trovare spazio un pensiero libero, prima ancora che liberale, e che il dibattito si affranchi dai dogmatismi del nostro tempo, invece di ripiegarsi su vecchie tesi socialiste riformulate in chiave ecologista, tecnocratica, salutista, terzomondista... Avendo lavorato di recente a una ricerca sulla mentalità anticapitalista dei libri scolastici, ho avuto modo di vedere come ogni giovane italiano nei suoi anni di studio sia costantemente indottrinato, e questo a causa del prevalere di schemi che annullano ogni spirito critico. Il risultato è che perfino quanti si considerano rivoluzionari tendono a favorire gli interessi e le ideologie delle classi governanti.

Questa difficoltà a ragionare emerge quando si considera, per esempio, in che modo ancora oggi si usi il termine borghese, replicando quelle che furono le tesi di Karl Marx sul conflitto tra i proprietari dei mezzi di produzione e i lavoratori. Ne deriva che il postmodernismo di Stato che domina la scena è essenzialmente la riformulazione in forme sempre diverse del vecchio odio contro il diritto: contro l'idea di una società basata sulla proprietà e sulla libertà individuale, sul contratto e sullo scambio.

Per questo è positivo che insieme ad altre opere importanti, a partire da Il passato di un'illusione dello storico François Furet, dedicato alle tragedie del comunismo la nuova iniziativa editoriale intestata a Silvio Berlusconi stia per offrire al pubblico italiano la trilogia straborghese (per usare una formula di Sergio Ricossa) scritta da Deirdre McCloskey (nella foto), economista che ha saputo unire una profonda consapevolezza delle questioni teoriche a una vera passione per la storia. E l'opera della studiosa americana è una celebrazione della società aperta e del mercato, ma soprattutto dei suoi principi fondanti: perché non c'è autentico capitalismo senza il riconoscimento dell'altro, senza la capacità di preoccuparsi del futuro, senza la responsabilità nei riguardi delle proprie azioni e l'accettazione delle conseguenze.

McCloskey viene da una scuola economica, quella di Chicago, che è spesso associata al nome di Milton Friedman (anche se i suoi esponenti di primo piano furono molti) e che s'è caratterizzata per la difesa del capitalismo liberale. Formatasi su studi di storia economica e autrice tra l'altro di pagine di straordinario interesse sull'annosa questione delle enclosures, l'economista statunitense ha scritto anche un testo mirabile su La retorica dell'economia, che per qualche misteriosa ragione fu tradotto dalla casa editrice della sinistra ufficiale, la Einaudi. Ma è forse proprio il trittico sulla nobiltà del capitalismo liberale che le ha attribuito la posizione che oggi occupa nel panorama contemporaneo.

Il lavoro in difesa della civiltà borghese ha impegnato per più di un decennio McCloskey, che nel primo volume sulle virtù borghesi ha indagato come l'emergere di una società in grado di coniugare libertà e prosperità si debba al radicarsi, nei Paesi di tradizione europea, di una serie di valori e pratiche morali. Nel secondo testo il focus è sulle ragioni primarie del miracolo europeo, la trasformazione che ha sconfitto fame e miseria, e la sua tesi è che sono stati alcuni ben precisi cambiamenti culturali che hanno permesso il decollo dei sistemi produttivi. L'ultimo tomo, infine, evidenzia quanto l'imporsi di una visione liberale dell'esistenza abbia favorito l'imporsi di quelle forme di civiltà e convivenza che altrimenti non avremmo mai conosciuto.

In un certo senso, un'iniziativa editoriale volta a sottolineare l'importanza delle idee non poteva partire che

da Deidre McCloskey, dato che in questi suoi eccezionali lavori abbiamo proprio una riformulazione della tesi weberiana (e anti-marxiana) che sono i mutamenti culturali a modellare la storia e l'economia, e non l'opposto.

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