La storia per la verità è molto lunga e cominciò anni fa quanto apparvero le prime copie di pezzi d'arredamento famosi, disegnati da grandi architetti, prodotti da altrettanto note aziende. Vi furono anche presentazioni al Salone del Mobile di Milano e si innescò così una diatriba non indifferente, legata alle diverse legislazioni nel mondo riguardanti il diritto d'autore, ad avvocati chiamati dalle diverse parti, ai negozianti che si risentivano per le esclusive loro concesse e così via. Oggi le cose si sono un poco chiarite: a 15 anni dalla data di registrazione di un prodotto e, per le opere d'arte, a 25 anni dalla morte dell'autore, si possono riprendere i diversi articoli.
Ma una novità varata nel 2001 dallUnione Europea dice che i prodotti di design con spiccati caratteri di originalità, creatività e innovazione, sono parificati a opere d'arte e devono essere coperti anche dal diritto d'autore che scade a 70 anni dalla morte del progettista. I produttori italiani però si rifanno al decreto che il diritto d'autore deve essere registrato, cosa che non è mai accaduta in quanto non registrabile, e così lo scandalo si mette a tacere con buona pace di tutti. C'è però motivo di mettere in allarme il consumatore, da una parte perché ben poche sono le aziende che riproducono mantenendo la qualità al livello degli originali e dall'altra è che le riedizioni uscite da aziende anonime hanno un valore estetico ma certamente non si può pensare che esse si rivalutino nel tempo, come avviene invece per gli originali in aste e mostre di modernariato.
(hanno collaborato:
Albino Boffi
e Gabriella Kuruvilla)
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