Per una volta sono stati tutti di parola: Beckham e il Milan, naturalmente e gli americani ed è questa forse la vera sorpresa. Dall'intesa, nota a il Giornale da almeno un mese, è nato l'annuncio ufficiale di ieri sera mentre il Real scaldava i muscoli sul prato rizollato di San Siro: David Beckham ha raggiunto l'accordo con i Los Angeles Galaxy per trasferirsi, in prestito, al Milan dal gennaio del 2010. Si ricomincia, allora senza l'enfasi della prima volta nè gli inseguimenti per scoprire il suo domicilio milanese, con gli alberghi di lusso che dispensavano dettagli improbabili sulla scelta di prenotare una suite imperiale per l'allegra famiglia. Tutti d'accordo, allora. Facile segnalarlo ora. L'anno prima ci fu un negoziato complicato e polemico, esasperato fino al limite massimo della rottura.
La decisione questa volta porta la firma consensuale delle tre parti in causa, segno che le rispettive diplomazie hanno lavorato per tempo e a fari spenti, come si usa dire. «Siamo molto felici di rivedere con la maglia rossonera David Beckham dopo la splendida esperienza della scorsa stagione. Siamo sicuri che questo periodo in Europa aiuterà il giocatore a partecipare ai prossimi mondiali e a proseguire la carriera nei Los Angeles Galaxy ai quali va il nostro ringraziamento per la disponibilità dimostrata» il pistolotto d'accompagnamento del fiocco siglato da Adriano Galliani, vice-presidente esecutivo del club.
La spiegazione del ritorno dell'inglese è semplice, quasi elementare: allora come ora, ha un solo dichiarato obiettivo, riscaldare i muscoli in vista del mondiale e convincere Capello a includerlo nella lista dei 23. É forse la prima volta che quella nazionale partecipa al mondiale con una documentata chance di vincerlo: è merito sicuro di Capello ma anche dell'accresciuto credito del calcio d'oltre Manica.
Resistono allora tre buoni motivi per cui David Beckham ha chiesto agli americani di lasciarlo libero per Natale e di farlo tornare a Milanello. Vediamoli in sequenza prima di entrare nel merito: 1) perchè a Milanello lo hanno accolto e trattato come un fuoriclasse; 2) perchè i metodi di preparazione fisica studiati da milan-lab lo hanno stregato; 3) perchè affinarsi all'esasperato tatticismo del calcio italiano può diventare un ulteriore arricchimento. Al Milan, Beckham ha lasciato il segno in sei mesi: mai una polemica, mai un minuto di ritardo agli allenamenti, mai un cenno di stizza per una sostituzione o la decisione di relegarlo in panchina. Le sue 18 presenze han dimostrato a qualche critico superficiale, Giampiero Mughini per esempio che parlò di "baracconata" che il giovanotto ha ancora risorse psico-fisiche per reggere l'onda d'urto del campionato italiano. Non solo. Ma i due suoi sigilli, il primo a Bologna, il secondo su punizione, contro il Genoa, segnalarono l'intatto talento balistico, capace di trovare Pato a 40 metri di distanza oppure l'angolo più oscuro e lontano della porta altrui.
A Milanello l'hanno visto partire con qualche rimpianto e ne hanno seguito le mosse per capire meglio le sue scelte. Proprio Galliani ha colto nell'azione determinata dell'inglese una importante chiave di lettura da sottoporre ai suoi, i senza Kakà rimasti sotto choc per la partenza del brasiliano. «Avete visto Beckham?Poteva andare ovunque, ha preferito il Milan» segnalò il dirigente berlusconiano per cogliere nel segno. Beckham ha capito l'appel del marchio milanista, qualcuno no: questo era il messaggio indiretto.
Beckham non troverà Ancelotti che l'aveva sedotto un giorno facendogli una battuta al volo (incrociandolo sul lettino dei massaggi che sonnecchiava gli sparò in inglese: "chi dorme non piglia pesci"; Maldini, traduttore, cominciò a ridere per un quarto d'ora,ndr). Al suo posto c'è Leonardo, l'uomo delle grandi emozioni e dello spirito berlusconiano.
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