Ecco come la Pirelli ha conquistato tutti i team di Formula 1. E monsieur Todt

La Fia ha scelto la sua proposta. La casa italiana ritorna dopo 20 anni. È già impegnata in Sbk, rally e cross. Accordo 2011-2013. Ogni squadra verserà circa un milione di euro a stagione. L'indiscrezione: i tecnici italiani useranno le monoposto dell'ex team Toyota come vetture laboratorio

Ecco come la Pirelli ha conquistato tutti i team di Formula 1. E monsieur Todt

Era deciso da tempo, da maggio, ma è ufficiale da ieri. Vent'anni dopo la sua ultima apparizione, la Pirelli torna in F1. Soprattutto, dal 2011 al 2013 (e probabilmente più in là), potremmo dire e vantarci di avere una Ferrari tutta italiana. Telaio, motore... massì, d'ora in poi anche le gomme. Tutta nel senso tecnico del termine, visto che i piloti sono lo spagnolo Fernando e il brasiliano Felipe per cui, massì, accontentiamoci che parlino bene l'italiano.
Rossa e tifo nazionalpopolare a parte, il consiglio mondiale della Fia (la Federazione dell'auto) presieduto da monsieur Jean Todt, dopo aver attentamente verificato che ogni aspetto procedurale fosse stato rispettato, ha ufficializzato il sì e scelto Pirelli come fornitore unico al posto di Bridgestone. Molti i motivi alla base della decisione, a cominciare dalla convinzione dei dodici team che le altre offerte non fossero all'altezza del pacchetto messo sul tavolo dal costruttore italiano. Benché in corsa anch'esse, l'inglese Avon e la coreana Hankook non sono infatti mai entrate davvero in ballo viste le molteplici e dettagliate richieste delle squadre riunite nell'associazione Fota, presieduta dal direttore della McLaren, Martin Whitmarsh. E la Bridgestone, che lo scorso anno aveva annunciato con ampio anticipo la decisione di lasciare il Circus, è stata solo momentaneamente, e senza troppa convinzione, riconsiderata. Restava, dunque, la Michelin, unico costruttore realmente in grado di offrire tutte le garanzie richieste dai team. I francesi, però, dopo il ritiro dal Circus seguito ai due mondiali vinti con la Renault, erano più che altro interessati a un rientro in veste di competitor e non di fornitore unico come da regolamento. Ma si sà: la F1 moderna tiene d'occhio i costi e la sicurezza, e la competizione avrebbe fatto vacillare entrambi visto che il progresso sulle mescole, di stagione in stagione, si misura in secondi sul giro. Fatto sta, l'offerta Michelin - che inizialmente poteva sembrare più rassicurante visto il recente passato in F1 - è stata presto surclassata dal pacchetto Pirelli. Meno oneroso del francese benché segnasse l'avvento di una nuova era: quella del costruttore di gomme che non porta pneumatici solo per avere in cambio opportunità di crescita tecnica e visibilità, ma che per i propri sofisticati polimeri viene anche pagato: poco più di un milione di euro a stagione per team (la Michelin era attestata sui 2,5). Ma a far presto propendere le squadre per la casa italiana è stata la disponibilità di portare un'ampia gamma di mescole e la volontà di affrontare i futuri sviluppi tecnici a braccetto con le squadre. Nel senso che uno dei punti fondamentali dell'intesa è la volontà Pirelli di procedere di pari passo con i team anche nell'eventuale - se verrà presa questa decisione - produzione di gomme che per struttura e tecnologia siano più vicine (è da sempre un credo per la Pirelli) a quelle realizzate per le vetture da strada. Da qui la necessità espressa inizialmente di poter passare dagli attuali 13 pollici delle F1 ai 15 e 16 più vicini alle esigenze delle supersportive stradali per arrivare fino ai 18 pollici. Pirelli e team si sono invece accordati per proseguire ovviamente nei prossimi due anni (impossibile pensare di riprogettare le macchine) con gli attuali 13 pollici, dopodiché, visto che il presidente Fia ha annunciato per il 2013 cambiamenti epocali in F1, valutare assieme eventuali nuove vie da percorrere sul fronte gomme. Eventuali, però.
Ecco perché di Gran premio in Gran premio si diceva è solo questione di ore o di pochi giorni ma con Pirelli è fatta. Tanto più che persino l'iniziale diffidenza per un costruttore che mancava dalla F1 da vent'anni (fra queste, si è vociferato, Ferrari, McLaren e Renault) era subito caduta una volta che l'ingegnere inglese Paul Hembery, direttore competizioni di Pirelli, aveva illustrato alle squadre procedure e obiettivi del reparto corse italiano (1000 tecnici impegnati nel mondo, 70 ingegneri). A far la differenza, non tanto le 44 vittorie del passato in F1, quanto un'azienda al fronte su tutti i principali scenari del motorismo sportivo mondiale: dal campionato rally, a quello superbike, dal cross alle ottanta serie nazionali.
Con simili presupposti, lo stesso Jean Todt, francese come la Michelin e grande conoscitore delle capacità costruttive del marchio d'Oltralpe, per scegliere non ha dovuto far altro che prendersi il tempo necessario perché ogni dettaglio fosse a posto e portare il tutto in Consiglio per il via libera finale. E adesso, in attesa di una Ferrari tutta italiana, prepariamoci al debutto delle gomme Pirelli su una monoposto da utilizzare in questi mesi come laboratorio. Quale? Non certo una di quelle impegnate nel campionato; impossibile pensare che i team possano mettersi d'accordo, sarebbe troppo regalare un simile vantaggio a un rivale. Tantomeno, usare monoposto diverse di ogni squadra. Molto probabile, invece, l'impiego delle macchine Toyota rimaste in garage dopo il ritiro dal Circus dello squadrone giapponese.


Se non parlassimo di pistoni, cilindri e polimeri, verrebbe quasi da pensare a una favola a lieto fine: il gigante giapponese che va via, l'azienda italiana che ne prende il posto e per dare il massimo, massì, userà le monoposto di un altro gigante dagli occhi a mandorla scappato dalla F1.

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