Il tema della dipendenza dalla Cina per settori strategici legati alla transizione energetica è diventato di primaria importanza strategica in questi ultimi anni. Il saggista Gianclaudio Torlizzi in Materia Rara ha indicato nell'accelerazione della spinta green, soprattutto in Europa, un fattore di dipendenza da catene del valore vincolate alle terre rare cinesi o a settori che la Repubblica Popolare controlla direttamente e indirettamente. Andrea Taschini, tra i massimi esperti italiani dell'industria automotive, ha mostrato la fragilità dell'industria produttrice di autoveicoli che spinge sulla svolta elettrica in un contesto che vede un controllo pressoché totale da parte dell'industria cinese sulla componentistica. Un dato che - limitatamente al contesto europeo - è stato stigmatizzato perfino da Romano Prodi. E il G7 ha dopo anni di lassismo preso atto della prospettiva che l'Occidente possa subire l'egemonia di Pechino.
Di questo ha scritto Alberto Prina Cerrai su Formiche spiegando la roadmap con cui il G7 vuole emanciparsi dalla dipendenza cinese. Il G7, nella recente riunione di Sapporo, in Giappone, dei Ministri competenti per l'Energia, ha indicato le mosse per rompere il controllo della Cina creando catene del valore alternative, settori di frontiera e centri d'innovazione autonomi sulla transizione. Un piano che "arruola" l'Agenzia Internazionale dell'Energia (Iea) come consulente speciale, rompendone la tradizionale neutralità e soprattutto, sottolinea Prina Cerrai, che stimolerà le sette economie guida dell'Occidente a "un’azione coordinata per favorire l’adozione di standard ambientali e la tracciabilità dei materiali lungo la supply chain (facendo leva su iniziative già in essere, come la Minerals Security Partnership, la Sustainable Critical Minerals Alliance e il club sulle materie prime proposto dalla Commissione europea); rafforzare le capacità di riuso e recupero, in particolare dai flussi di prodotti a fine vita". Una sfida per l'economia circolare, il riutilizzo dei materiali critici e la riduzione degli sprechi che parte dal recupero di litio, cobalto e altri asset strategici dai prodotti dell'elettronica di consumo e dovrà poi radicalmente espandersi gestendo lo smaltimento a fine ciclo degli assetti legati alle macchine elettriche.
A ciò il G7 aggiungerà uno stimolo a "investire sull’innovazione e la condivisione di best practices, informazioni e tecnologie che possano mitigare la criticità delle materie prime; infine, accogliendo una proposta Iea", i Sette si sono detti pronti a "preparare piani di contingenza in caso di interruzione delle forniture".
La questione securitaria legata alla dipendenza dalla Cina sulle materie prime non può più essere ignorata. E ha stimolato una risposta comune da parte dell'Occidente. Ad oggi però fortemente appiattita sulla competizione interna per l'attrazione degli investimenti, come dimostrato dai sussulti europei per l'Inflation Reduction Act dell'amministrazione Usa di Joe Biden.
Del resto, nota il Financial Times, "la fornitura di minerali critici dovrà quadruplicare entro il 2040 per raggiungere gli obiettivi climatici e aumentare di sei volte per raggiungere gli obiettivi globali di zero emissioni nette entro il 2050, con litio, nichel, cobalto, manganese e grafite necessari per le batterie, terre rare necessarie per i magneti nelle turbine eoliche e nei motori per i veicoli elettrici e rame e alluminio essenziali per varie operazioni elettriche".
Catene del valore con fornitori occidentali (reshoring) o amici (friend-shoring) andranno di pari passo con una competizione inter-occidentale per accaparrarsi le fonti più ghiotte e a buon mercato. Di fronte alla percezione di una netta sfida cinese, il G7 traccia un solco. Ora sta ai Paesi cooperare per renderlo una trincea comune e non la prima di nuove linee di divisione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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