La Germania trascina a fondo l’Europa

Le stime d’autunno della Commissione Ue rivedono al ribasso la crescita dell’area a causa della recessione tedesca Italia promossa sul deficit

La Germania trascina a fondo l’Europa
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La Germania trascina al ribasso l’intera area dell’euro, Italia in primis. È quanto emerge dalle previsioni economiche autunnali della Commissione Europea pubblicate oggi. Berlino è entrata in recessione per il secondo anno consecutivo, con un Pil destinato a contrarsi dello 0,1% nel 2024, dopo il -0,3% del 2023. Questo scenario penalizza l’intera Eurozona, considerando che la Germania rappresenta il 28% del Pil dell’area.

La contrazione dell’economia tedesca è attribuita a diversi fattori: il calo della domanda globale di beni industriali (crisi dell’auto principalmente), un clima di sfiducia che ha spinto al rialzo il tasso di risparmio, la debolezza degli investimenti e una crisi del settore edilizio aggravata dalla carenza di manodopera. Alla devastazione dell’industria (Volkswagen vuole chiudere tre fabbriche) si è aggiunta anche l’incertezza politica: il governo Scholz non c’è più, le elezioni si svolgeranno a febbraio in un Paese che non presenterà la manovra di bilancio e andrà in esercizio provvisorio.

Questa crisi ha determinato una revisione al ribasso delle stime per il Pil dell’Eurozona visto allo 0,8% nel 2024, all'1,3 per cento nel 2025 (dal precedente 1,4%) e all'1,6 per cento nel 2026. la crescita per il 2024 e il 2025 è stata rivista al ribasso (rispettivamente allo 0,7% e all’1%), il 2026 vede un incremento atteso dell’1,2%.

Roma paga per Berlino

Anche l’Italia, ovviamente, soffre di questa condizione: il Pil reale crescerà dello 0,7% nel 2024, di 0,1 punti inferiore rispetto alle stime di maggio. Per il 2025, la crescita è attesa all’1% (+1,1% la precedente stima), con un miglioramento previsto all’1,2% (+1% a maggio) nel 2026.

Le ripercussioni sul nostro Paese, fortemente legato al mercato tedesco, si evidenziano soprattutto nel manifatturiero. Il settore dell’automotive, ad esempio, soffre di un calo strutturale della domanda. Come rilevato da Confindustria, il comparto rappresenta il 6,3% della produzione industriale italiana e il 13% a livello europeo, ma è colpito da cambiamenti demografici, prezzi in aumento per le nuove tecnologie e una transizione verso l’elettrico che incontra ancora ostacoli infrastrutturali.

Le esportazioni italiane verso la Germania hanno registrato una flessione del 2,2% a settembre, contribuendo a indebolire il commercio estero italiano, uno dei principali fattori di spinta del nostro Pil.

Deficit sotto controllo

Le politiche prudenti del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sembrano dare risultati, almeno sul fronte del deficit. Dopo un picco del 7,2% nel 2023, si prevede una significativa riduzione al 3,8% nel 2024 e un ritorno sotto la soglia del 3% entro il 2026, al 2,9%. La graduale eliminazione delle misure straordinarie per l’energia e il controllo dei crediti d’imposta edilizi hanno avuto un impatto cruciale in questa discesa.

Bruxelles promuove quindi la linea italiana, ma resta il nodo del debito pubblico, che non segue lo stesso trend. Partendo dal 134,8% del Pil nel 2023, si prevede un aumento al 136,6% nel 2024 fino al 139,3% nel 2026. Questo peggioramento è legato principalmente agli effetti ritardati del Superbonus, che continua a pesare sui conti pubblici. Anche l’aumento dei costi per il servizio del debito, stimati al 4% del Pil entro il 2026, rappresenta un fattore di pressione.

Un’Europa incerta stretta tra guerre e austerity

L'incertezza e i rischi al ribasso per le prospettive economiche sono aumentati, afferma la Commissione. "La prolungata guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina e l'intensificarsi del conflitto in Medio Oriente alimentano rischi geopolitici e rischi per la sicurezza energetica. Un ulteriore aumento delle misure protezionistiche da parte dei partner commerciali potrebbe sconvolgere il commercio globale, gravando sull'economia altamente aperta dell'Ue", si legge nell’outlook. Le stime dell'esecutivo comunitario sono state elaborate sui dati al 31 ottobre e ipotesi sulle politiche governative al 25 ottobre, senza conoscere l'esito delle elezioni Usa. "Sul fronte interno – prosegue Palazzo Berlaymont - l'incertezza politica e le sfide strutturali nel settore manifatturiero potrebbero comportare ulteriori perdite di competitività e gravare sulla crescita e sul mercato del lavoro. Inoltre, ritardi nell'attuazione dei Piani di Ripresa e resilienza o un impatto più forte del previsto dal consolidamento fiscale potrebbero ulteriormente frenare la ripresa della crescita”.

Insomma, è un’Europa che, senza dirlo apertamente, ammette l’effetto potenzialmente recessivo del combinato disposto tra una transizione green a tappe forzate (che ha devastato il settore automotive) e di un Patto di Stabilità riscritto all’insegna dell’austerity.

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