È sempre più nero il cielo sopra Taranto dove, ora dopo ora, si stanno addensando nuove nubi per l'ex Ilva (AdI) finita in un complicatissimo limbo sia sul fronte della governance sia in campo produttivo.
A 24 ore dalla decisione finale del governo sul suo destino industriale, gli avvocati al lavoro per trovare un'intesa (Cleary Gottlieb per Mittal e lo studio Chiomenti per Invitalia) sarebbero finiti nuovamente in un vicolo cieco. Secondo alcune fonti vicine al dossier, «la trattativa per un divorzio consensuale tra i soci di AdI (Invitalia e Arcelor Mittal) è tutta nuovamente in salita avvicinando pericolosamente l'amministrazione straordinaria, ovvero il commissario, unica possibilità rimasta in mancanza di un accordo entro la mezzanotte di mercoledì».
Il governo non intende strapagare il 40% rimasto nelle mani di Arcelor Mittal, soprattutto alla luce del deperimento subìto dagli impianti e dalla produzione negli ultimi anni di gestione franco-indiana. Di contro, sembra anche tramontata un'altra ipotesi allo studio: ovvero la permanenza di Arcelor Mittal nell'azionariato con una piccola partecipazione non superiore al 10%. Insomma, il destino dell'acciaieria sembra ormai scritto. Anche se le prossime ore saranno decisive.
Intanto si complica l'assetto industriale e produttivo del gruppo su cui pende come una spada di Damocle lo stop alle forniture di gas. Ieri il Tar della Lombardia ha rigettato l'istanza di ulteriore sospensione presentata da AdI, aprendo di fatto la strada al blocco della produzione. Nell'ordinanza della prima sezione del Tribunale amministrativo lombardo, presieduta da Antonio Vinciguerra, si rileva che durante il periodo di sospensione delle procedure di distacco del gas, Acciaierie d'Italia «non ha individuato il fornitore sul libero mercato del gas naturale che possa far fronte al fabbisogno di gas, ponendo così termine al servizio fornito da Snam». I debiti accumulati nei confronti del fornitore 109 milioni scaduti il 31 dicembre scorso, cui vanno aggiunti altri 69 milioni per i mesi di novembre e dicembre 2023 - rendono adesso inevitabile il blocco delle forniture.
I giudici amministrativi, inoltre, pur riconoscendo che gli impianti siderurgici dell'ex Ilva costituiscono stabilimenti di interesse strategico nazionale, sottolineano che «non si può continuare a far gravare sulla fiscalità generale che sostiene la spesa per il servizio di default trasporto gas, parte dei costi indispensabili per lo svolgimento dell'attività di impresa della ricorrente». Secondo quanto si apprende non sono previste al momento interruzioni e poi Acciaierie d'Italia ha annunciato il ricorso al Consiglio di Stato, che di fatto comporta il «congelamento» del provvedimento. Una situazione al limite che troverà un epilogo giovedì quando in un senso o nell'altro il governo prenderà una decisione che comunicherà subito ai sindacati, già convocati a Roma.
Aspetta una convocazione e minaccia lo stop invece l'indotto. «Entro mercoledi - dichiara Fabio Greco, presidente di Aigi, l'associazione dell'indotto - attendiamo risposte da parte del governo che ci convochi ad un tavolo tecnico.
In assenza, cominceremo a bloccarci con le aziende, non faremo più niente e assicureremo solo il mantenimento minuto per la messa in sicurezza degli impianti. Poi, da venerdì 19, saremo fermi insieme ai trasportatori di Casartigiani».
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