Azimut festeggia il trentennale dalla fondazione con la pubblicazione di dati preliminari 2019 al di sopra delle attese. Il gruppo attivo nel risparmio gestito ha comunicato, nel corso della convention di Monte Carlo, di aver chiuso l'ultimo esercizio con ricavi compresi tra 1 e 1,03 miliardi e con un utile compreso tra 360 e 370 milioni di euro, triplicando i profitti 2018 e oltre i 300 milioni attesi. La raccolta netta si è attestata a 4,6 miliardi anche grazie alla performance del mercato italiano (+130%), mentre le masse hanno raggiunto i 59,1 miliardi (rispetto ai 50 miliardi previsti dal piano e in crescita del 16%). Il titolo, dopo il +126% del 2019, sta testando nuovi massimi e ieri ha chiuso a 23,5 euro in rialzo del 4,9 per cento.
«Non c'è modo migliore per festeggiare i trenta anni di Azimut», ha commentato Pietro Giuliani, fondatore e presidente del gruppo per poi alzare l'asticella sugli obiettivi 2020. In attesa del nuovo piano industriale, previsto entro l'estate, il manager ha indicato in 300 milioni il target di utili per fine anno rispetto alla precedente previsione di 250-300 milioni.
Le direttrici di crescita previste dal top management sono prevalentemente due: l'estero, che già oggi vale il 30% circa delle masse del gruppo e contribuisce al suo margine operativo lordo per 50-55 milioni (+53% rispetto al 2018), e il settore degli investimenti alternativi.
Il piano del gruppo è infatti quello di lanciare otto nuovi fondi destinati a un pubblico retail con una capacità totale di 1,7 miliardi e otto nuovi fondi rivolti a investitori istituzionali con una capacità complessiva di 2,1 miliardi. Sempre su questo fronte, Paolo Martino, ad e direttore generale del gruppo, ha annunciato l'avvio del collocamento di Italia 500, un fondo comune di investimento alternativo chiuso che punta su start up e piccole e medie imprese tecnologiche. Non solo. Proprio in queste ore Bankitalia ha dato il via libera al primo fondo istituzionale del gruppo dedicato al real estate e alle infrastrutture sociali da 800 milioni.
Giuliani infine ha fatto il punto sulla governance precisando che il fondo Peninsula II (al 2,6% del capitale del gruppo) è uscito dal patto di sindacato di comune accordo con l'azionista Timone Fiduciaria (che racchiude le partecipazioni di manager e impiegati e a sua volta controlla il 20,8% della società finanziaria), per garantire ad Azimut una maggiore flessibilità nel piano di riacquisto di azioni proprie (pari oggi all'1,6% del capitale).
«Ma non c'è intenzione di vendere, anche perché chi ha venduto ci ha sempre perso, quanto meno tenendo presente la performance borsistico successiva all'atto di disposizione dei titoli», ha rivendicato Giuliani osservando come il total return (rendimento comprensivo di cedole e rivalutazione del titolo) di Azimut dalla quotazione del 2004 ad oggi si attesti al 1.023% rispetto al 54% medio del Ftse Mib.
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