Banco Bpm "rottama" l'ipotesi Mps

Castagna: "Meglio unirsi tra banche vicine". Nuove proteste sul "caso diamanti"

Banco Bpm "rottama" l'ipotesi Mps

Il Banco Bpm declina l'invito a farsi cavaliere bianco di Mps, oggi controllato dallo Stato al 70% dopo il salvataggio. Piuttosto, vista la spinta al consolidamento arrivata al settore dalla Bce, l'istituto guarda «a banche più vicine ai propri territori di elezione», ha spiegato l'ad Giuseppe Castagna al termine di una assemblea dei soci contrassegnata da nuove polemiche sul cosiddetto «scandalo dei diamanti». All'ingresso del Cattolica Center di Verona, che ha ospitato l'assise, c'era il presidio di protesta dei risparmiatori rimasti coinvolti nell'acquisto delle pietre e i sindacati del credito hanno distribuito volantini.

A metà febbraio la Procura di Milano ha infatti fatto sequestrare 700 milioni a cinque banche (appunto Banco Bpm e la controllata Aletti, Unicredit, Intesa Sanpaolo e Mps) e ai due intermediari del settore Idb e Dpi con l'accusa di truffa e autoriciclaggio. Il Banco Bpm - ha detto il presidente Carlo Fratta Pasini - ha chiuso a fine marzo oltre 3mila transazioni con i risparmiatori coinvolti: l'istituto procede con ristori parziali, lasciando quindi il diamante al cliente. I reclami sono 13.300 per una richiesta danni da 430 milioni.

Tornando al capitolo del consolidamento del settore, non c'è alcuna preclusione a Mps per il ruolo azionario del Tesoro, ha specificato l'ad. Da un'eventuale unione con Rocca Salimbeni, nascerebbe però - ha proseguito Castagna - un gruppo con una rete di filiali «omogenea» in tutta Italia e quindi sarebbe una sorta di «ripetizione» (in piccolo) di Intesa Sanpaolo e Unicredit.

Il Banco Bpm, invece, vuole continuare a crescere nelle «zone più ricche e produttive del Paese». In sostanza, il percorso di rafforzamento può portare, in prospettiva, il Banco Bpm a un accordo con Ubi Banca (da tempo potenziale promessa sposa), Bper, dove però c'è Unipol come azionista forte, o ancora il Creval.

Tutto questo è comunque un discorso prospettico, perché prima il Banco Bpm deve recuperare in Borsa e l'industria metabolizzare le idee della Vigilanza affidata ad Andrea Enria. Castagna comunque si attende che il titolo, oggi penalizzato anche dal contesto (-29% lo score a un anno), possa rialzarsi grazie «alle pulizie di bilancio fatte» e al trend della redditività. Il 2018, complice anche la vendita dei crediti deteriorati, si è chiuso con un rosso consolidato di 58 milioni. I soci restano quindi a secco di dividendo: ieri all'assemblea, in cui era presente il 33% circa del capitale, ha confermato il predominio dei fondi con Capital Research (5,19%), Invesco (5,12%) e Davide Leone Partners (4,63%).

Castagna ha comunque confermato la possibilità per

il Banco Bpm di arrivare, per la prima volta dalla nascita, allo stacco della cedola, visto che il 2019 si chiuderà con profitti «ragguardevoli»: «Non faccio promesse sul dividendo, il dividendo si fa se si fanno utili».

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