Bankitalia inchioda il management della Banca Popolare di Bari

Così la banca di Bari (Bpb) vendeva le azioni ai risparmiatori. L’ex ad De Bustis: “Conti truccati e management esaltato”

Bankitalia inchioda il management della Banca Popolare di Bari

I clienti della Banca Popolare di Bari (Bpb) venivano convinti sottoscrivere le azioni dell’istituto con messaggi rassicuranti, che sottolineavano, ad esempio, la non quotazione della stessa banca in Borsa, la certezza di non incorrere in oscillazioni giornaliere delle azioni acquistate e la garanzia di avere tra le mani un “prezzo del titolo” che “è sempre stato in continua ascesa nel tempo”.

Questi sono solo alcuni dei passaggi contenuti in una relazione che Bankitalia ha inviato alla Consob il 23 gennaio 2017, dopo un’ispezione tenuta il novembre precedente sulla Bpb e terminata con “esito sfavorevole”. A quel punto, come ha sottolineato La Stampa, su richiesta della stessa Consob, gli ispettori della Banca d’Italia hanno condotto accertamenti approfonditi “sulle modalità di collocamento ai clienti delle azioni e delle obbligazioni della banca stessa“.

Anche perché i messaggi della Btp avevano l’obiettivo di rinforzare il capitale dell’istituto e tenere in piedi la banca, infischiandosene dei rischi che avrebbero potuto correre gli oltre 50 mila clienti. Sia chiaro, soltanto 300 avevano “un profilo conservativo” (cioè puntavano a mantenere il capitale investito), mentre più della metà, circa 26 mila, aveva indicato per gli investimenti “di voler prioritariamente proteggere il proprio capitale”. È emerso inoltre che oltre il 40% degli investimenti dei clienti era in titoli, per lo più liquidi, della stessa banca.

Prezzi e conti che non tornano

I questionari Mifid, che hanno l’obbligo di far valutare a banche e intermediari finanziari la veridicità dei servizi offerti, non hanno dato una grande mano perché fino al 2016 presentavano un limite ben preciso. Se, infatti, come obiettivo primario si indicava la protezione del capitale, si finiva relegati in un profilo “dinamico - integrazione del reddito”, compatibile a tutti gli effetti con l’investimento in azioni della Bpb. Come se non bastasse, a causa dei criteri adottati per valutare il rischio delle azioni, i titoli della Banca d’Italia Bari sembravano meno rischiosi di titoli quotati e di quelli “grandi banche e di società di altri settori”. In altre parole, le azioni della Bpb risultavano meno rischiose di quelle di Intesa Sanpaolo o Eni.

C’è poi da considerare la valutazione del prezzo delle azioni. Già, perché nel 2014 Bpb si rivolge a Deloitte, la quale prende in considerazione “criteri lacunosi” e conferma la valutazione di 9,53 euro. Una cifra spropositata, addirittura “tra le due e le tre volte superiore a quello di banche come Intesa o Unicredit”. Molti soci cercano quindi di vendere le azioni della banca senza riuscirci, mentre, nel frattempo, la Bpb decide di quotarsi. Non a Piazza Affari, dove il prezzo del titolo crollerebbe a fronte di una elevata volatilità, ma sulla piattaforma Hi-Mtf.

Un audio pubblicato da Fanpage e risalente allo scorso 10 dicembre aiuta a comprendere meglio lo scenario. A parlare è l’ex ad della Bpb, Vincenzo De Bustis: “Quando sono arrivato la prima volta (...) chiesi di vedere i dati delle filiali. Tutti truccati.

Truccavate persino i conti economici delle filiali. È stato veramente irresponsabile quello che è successo negli ultimi tre, quattro anni. Questa banca è un esempio di scuola di cattivo management, irresponsabile ed esaltato”.

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