Un'inclinazione dell'asse sul versante dei falchi: è questo il messaggio che potrebbe arrivare oggi dalla Bce se la banca guidata da Christine Lagarde decidesse di usare le maniere forti, alzando i tassi di mezzo punto percentuale. Neppure considerata fino alla scorsa settimana, l'ipotesi di una stretta decisa ha preso corpo negli ultimi giorni fino a diventare una concreta possibilità dopo la diffusione del dato sull'inflazione in giugno, balzata all'8,6%. All'irrigidimento monetario i mercati guardano con timore, poiché il primo giro di vite da oltre un decennio finirebbe per aggravare una recessione che sarà inevitabile se la Russia di Vladimir Putin chiuderà definitivamente i rubinetti del gas. Peraltro, agire sui tassi potrebbe non spegnere l'incendio dei prezzi, visto che Eurolandia sta affrontando uno choc da offerta a causa del combinato disposto dei rincari energetici e degli irrisolti problemi nelle catene di approvvigionamenti.
La gradualità negli aggiustamenti, più volte rimarcata da Lagarde, rischia quindi di subire un brusco stop. Anche se la prossima riunione dopo la pausa estiva, in settembre, offrirà un'occasione per ricalibrare la politica monetaria alla luce degli sviluppi del quadro congiunturale. Se la recessione dovesse concretizzarsi, potremmo presto tornare nella trappola dei tassi' che ha imprigionato l'Europa negli ultimi anni, ovvero uno scenario in cui è particolarmente difficile attuare una politica di rialzo dei tassi, avverte Giancarlo Bilotta, Portfolio manager credit strategies di Plenisfer Investments SGR.
In ogni caso, una stretta che riporta a zero il costo del denaro prima del previsto indicherebbe uno spostamento degli equilibri all'interno del board, dove il rapporto fra falchi e colombe appariva paritario fino alla scorsa settimana. Gli appelli pubblici, negli ultimi giorni, a favore di una risalita dei tassi senza troppi indugi da parte di tre governatori (l'austriaco Robert Holzmann, il lettone Martins Kazaks e il lituano Gediminas Simkus), da sommare alla posizione intransigente del capo della Bundesbank, Joachim Nagel, potrebbero aver determinato uno spostamento sul fronte rigorista di qualche membro finora considerato neutrale.
Questo indurimento collettivo arriva quando la crisi di governo in Italia è andata a sovrapporsi alla messa a punto dello scudo anti-spread (a 220 punti, ieri, il differenziale fra Btp e Bund) da parte di Francoforte. Ed è ora molto probabile che all'interno della Bce sia aumentato il timore nei confronti di un'Italia ancora affetta dal virus dell'ingovernabilità, e quindi sul punto di deragliare dal binario delle riforme e dal controllo dei conti pubblici. A complicare le cose c'è anche la ferma opposizione dei politici tedeschi e olandesi, che ritengono che la banca centrale non debba sovvenzionare il governo italiano. Inoltre, non c'è accordo all'interno della Bce su come dovrebbe configurarsi lo strumento anti-frammentazione, avverte Robert Lind, economista di Capital Group. L'impressione, tuttavia, è che il cosiddetto Transmission protection mechanism (Tpm) prevederà condizionalità più o meno stringenti.
Tra queste potrebbero rientrare il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Commissione per ottenere i finanziamenti del NextGenUe e il rispetto delle regole del patto di stabilità e crescita, quando sarà ripristinato.
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