La Bce mostra i muscoli. "I tassi saliranno ancora"

La consigliera Schnabel: "L'inflazione non si placa da sola". Powell: "Libertà di azione giusta"

La Bce mostra i muscoli. "I tassi saliranno ancora"

«Si prega di non disturbare il conducente». Eravamo rimasti all'invito al silenzio rivolto, con apposito cartello, da tranvieri, tassisti e autisti di mezzi pesanti. Adesso, il «do not disturb» ha preso piede pure tra i banchieri centrali. Quello della presunta ingerenza della mano politica sulla regolazione delle leve monetarie pare essere un tema caldo. Per dibattere sull'argomento, l'istituto di emissione svedese Riksbank ha addirittura organizzato ieri un apposito convegno. Non che se ne sentisse un gran bisogno. Perché qui siamo alla sindrome d'assedio senza arieti davanti alle fortezze. Al netto delle polemiche strumentali sollevate in Italia da alcune dichiarazioni del ministro delle Difesa, Guido Crosetto, l'indipendenza dei custodi dei templi monetari è fuori discussione. In America, leader progressisti come la senatrice Elizabeth Warren si sono limitati a criticare i setti rialzi dei tassi decisi dalla Fed, ma non un fiato è arrivato da Joe Biden; in Europa, nessuno pretende che la Bce, nell'esercizio delle sue funzioni, tenga conto dei desiderata dei governi.

Francoforte è del resto intangibile per statuto. Blindatissimo, e con un unico mandato: tener d'occhio l'andamento dell'inflazione. Christine Lagarde può essere criticata per le sgrammaticature nella comunicazione e si può dissentire su come stia agendo sul costo del denaro e sulla tempistica di rimozione degli aiuti, ma non si può condizionarne l'operato e puntare ora il dito contro il peccato originale della Bce. Cioè quello di aver assecondato, all'atto della costituzione della banca centrale, le fobie da inflazione della Bundesbank. Rimaste del tutto intatte. «L'inflazione non si placherà da sola», ha detto Isabel Schnabel, membro tedesco del consiglio direttivo dell'Eurotower. La medicina, quindi, resta la stessa: «I tassi dovranno ancora aumentare in modo significativo a un ritmo costante». Prepariamoci dunque, nella riunione del 2 febbraio, a un'altra stretta di almeno mezzo punto che farà salire il costo del denaro al 3% e contribuirà a indebolire l'economia. La Banca Mondiale ha già messo tutti sull'avviso, tagliando le stime sulla crescita del Pil globale all'1,7% dal 3% previsto sei mesi fa.

Quanto alla libertà di azione degli istituti di emissione, il capo della Fed, Jerome Powell, va dritto al cuore del problema: «L'assenza di un controllo politico - ha detto al convegno di Riksbank - ci consente di prendere le misure necessarie senza considerare fattori politici a breve termine». Anche a costo di «decisioni difficili e politicamente impopolari». Jay, peraltro, ne sa qualcosa di ingerenze, avendo dovuto resistere alle pressanti richieste di azzeramento dei tassi da parte di Donald Trump. Ergo, «è essenziale che stiamo ai nostri obiettivi di statuto, e resistiamo alla tentazione di allargare il nostro campo d'azione di fronte ad altri, importanti problemi sociali».

Eccles Building tira insomma dritto con le strette, concentrandosi sull'obiettivo di abbattere

il carovita. Nessun'altra distrazione. «Non siamo, e non saremo, un policymaker del clima. Sarebbe inappropriato per noi utilizzare la politica monetaria o gli strumenti di vigilanza per promuovere un'economia più verde».

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