La Bce pensa al nuovo scudo antispread

L'Eurotower studia un meccanismo stabilizzatore in vista del prossimo rialzo dei tassi

La Bce pensa al nuovo scudo antispread

You'll never walk alone sembra l'inno destinato ad accompagnare il cammino della Bce nei prossimi mesi. Quelli in cui la risalita dei tassi rischierà di incrociarsi con le tensioni sugli spread e con vendite a pioggia sui titoli di Stato più vulnerabili. Rendendo così di fatto complicata, se non addirittura impossibile, la tenuta dei conti pubblici per i Paesi indebitati come l'Italia. Per non lasciarli soli in balia di correnti speculative, l'Eurotower sta pensando di creare un nuovo programma di acquisto di titoli di Stato con lo scopo di creare uno scudo difensivo, come rivelato ieri dal Financial Times che cita fonti coinvolte nelle discussioni. Un'indiscrezione da brodino caldo, niente di più, per il differenziale di rendimento fra Btp e Bund (nove punti in più, a quota 220), mentre il tasso d'interesse dei nostri decennali è salito al 3,55 per cento.

Del resto, del meccanismo - di nuovo conio o creato a immagine e somiglianza dell'App (il Qe di Mario Draghi) - ancora non si sa nulla. Potrebbe anche non veder mai la luce, poiché Francoforte ha già pronta una cartuccia da 200 miliardi, la somma che deriverebbe dall'anticipare fino ad un anno i reinvestimenti dei titoli a scadenza. La riunione di giovedì prossimo potrebbe fornire l'occasione per fare il punto. Non è infatti escluso che nel comunicato finale venga inserito un passaggio sullo scudo anti-spread.

La scelta su quale strada intraprendere dipenderà sostanzialmente da due fattori. Il primo riguarda la reazione dei mercati alla prima stretta al costo del denaro, prevista in luglio. Dovrebbe trattarsi di un mini-giro di vite, dello 0,25%. Christine Lagarde, presidente dell'istituto di Francoforte, spinge per muovere le pedine con cautela nonostante l'inflazione abbia raggiunto nell'Eurozona l'8,1% in maggio, un livello mai toccato in precedenza. La Bce intende però abbandonare entro il terzo trimestre il terreno dei tassi negativi. Il che significa piazzare, nelle riunioni di settembre e ottobre, ulteriori inasprimenti da almeno un quarto di punto.

Verosimilmente, è in autunno che i mercati trarranno le somme sull'operato della banca centrale. Se l'azione di normalizzazione sarà considerata troppo blanda, e quindi inefficace come misura di contrasto alla lievitazione dei prezzi al consumo, potrebbe scattare la tentazione a valutare la resistenza finanziaria dei Paesi più deboli. A maggior ragione se il più che probabile deterioramento della congiuntura, indotto dal conflitto in Ucraina, dai rincari fuori controllo e anche dalle strette monetarie, finirà per peggiorare il rapporto debito-Pil, dal momento che il denominatore calerà mentre il numeratore (il debito) tenderà a salire. Qui entra in gioco il secondo fattore. L'Ft sostiene che fra i 25 governatori del board ci sarebbe una sostanziale convergenza sulla necessità di mettere in campo uno strumento deterrente a protezione dei differenziali di rendimento. Una crisi del debito sovrano 2.0 è ciò che Francoforte intende evitare. Ma a quale costo? Non è chiara infatti la posizione dei falchi, ovvero dell'ala più rigorista che da mesi spinge per riportare in fretta la politica monetaria sui binari della normalità.

Dopo aver acquistato quasi 5mila miliardi di titoli di Stato, la Bce ha del resto da poco rottamato il Pepp (il piano contro l'emergenza pandemica da 1.850 miliardi), e si appresta a chiudere l'era dell'App. Rimettere in moto la macchina degli aiuti potrebbe essere per alcuni governatori uno sgradevole déjà vu da giorno della marmotta.

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