La riforma del catasto aleggia come un fantasma sulla delega fiscale che il governo sembra intenzionato a richiedere al Parlamento. Argomento spinoso, quello sollevato. E soprattutto motivo di tensione nella maggioranza. Da una parte Lega, FdI e Forza Italia puntano i contro ogni variazione catastale. Dall’altra il Partito democratico (in silenzio) e Leu (a viso aperto), secondo cui la riforma è ormai “ineludibile”. Lo scontro si gioca tutto su due posizioni contrarie ed opposte: una lite tra chi ritiene che l’operazione si trasformerà in una stangata fiscale e chi invece ricorda che l’aggiornamento è fermo al 1989, con “case nel centro di Roma” con valore inferiore a nuovi appartamenti in lontana periferia.
Intanto bisogna semplificare il dibattito. E togliere dal piatto il discorso evasione fiscale. È vero che sulla casa il ministero dell’Economia calcola un’elusione che può arrivare fino a 6 miliardi di euro. Dal gettito Imu mancano 4,8 miliardi di euro, dalla Tasi 266 milioni e dall’Irpef 695 milioni: nonostante lo stabile sia lì, e facilmente verificabile, le quote di evasione sono elevate: per la sola Imu parliamo del 25,8%, con punte del 46,3% in Calabria. Ma la domanda è: l’aggiornamento delle rendite catastali, la sostituzione dei vani catastali in favore dei metri quadrati o la semplificazione delle categorie, serviranno a ridurre i furbetti della casa? No, ovviamente. Quelli si combattono solo con i controlli, che l’Agenzia delle Entrate sta incrementando anche grazie anche all’aggiornamento dell’anagrafe immobiliare e all’aerofotogrammetria. Una cosa è la caccia alle case fantasma, o alle tasse non pagate. Un’altra è l’adeguamento delle rendite catastali, che avrà effetti su una lunga lista di imposte.
Quali? È presto detto. L’obiettivo della mini riforma ideata da Draghi è quella di avvicinare il valore “reale” commerciale di un immobile a quello segnato al catasto. L’idea di base sarebbe anche corretta, ma produce effetti a valanga. Come spiegato a Quarta Repubblica dal commercialista Michele Villari, aumentando la rendita catastale incrementerebbero in automatico l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria, l’imposta catastale e l’imposta di successione. Più ovviamente l’Imu sulla seconda casa. E questo solo se si considerano gli effetti “diretti”. “Potrebbe anche determinare un aumento del valore Isee - spiega infatti Villari - E molte famiglie potrebbero perdere alcune agevolazioni che vanno dal reddito di cittadinanza alla riduzione delle tasse universitarie fino all’accesso all’asilo nido a importi ridotti”. Certo Draghi pare stia pensando ad una "invarianza" di gettito totale, il che significherebbe una diversa redistribuzione del carico delle tasse, ma in pochi credono sia realmente possibile.
Ci sono poi un paio di questioni da considerare. Primo: "Non è vero che è tutto fermo e tutto immobile dal 1989", spiega Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia. "Nel 2012 Mario Monti ha aumentato del 60% la base imponibile, quindi il valore catastale degli immobili. Inoltre, ogni volta che faccio un intervento, la categoria e la classe cambiano, perché il catasto vede che ho fatto una miglioria e mi alza la rendita". Senza contare che "l'Agenzia delle Entrate ha realizzato delle attività di riclassamento", cioè di fatto un innalzamento del valore "in grandi parti delle città, soprattutto a Roma". Secondo: se è vero che nelle metropoli ci sono delle discrasie sui valori commerciali e catastali, è anche vero che lungo tutta l'Italia esistono milioni di immobili con una discreta rendita al catasto ma che nella realtà risultano praticamente inutilizzabili. Parliamo di stabili inabitabili, magari difficilmente affitabbili o costruiti in zone rurali dal basso appeal di vendita. "Lo Stato è disposto a segnare, per questi, un valore catastale pari a zero?", chiede retoricamente Spaziani Testa.
Anche perché poi i conti parlano chiaro. Secondo i primi calcoli, come fanno trapelare fonti della Lega, ci sarebbe un aumento medio dell’Imu sulla seconda casa del 128% e un aumento dell’Isee per la prima casa del 300%. Con il nuovo Imu sulla seconda casa, Roma avrebbe aumenti possibili del 183%, Milano del 123%, Napoli del 75%, Bologna del 24%, Torino del 19%. Vediamo nella pratica cosa significa: Quarta Repubblica ha fatto la valutazione su un immobile a Roma di 41 metri quadri con attuale rendita catastale di 510 euro. Se la riforma diventasse operativa e avvicinasse il catasto al valore commerciale, la famiglia si troverebbe a pagare non più 970 euro all’anno, ma 2.300 euro. Un aumento di oltre il 100%. Lo stesso dicasi per un appartamento di nuova costruzione in periferia, dove la redita catastale (di 645 euro) - essendo meno datata - risulta più aggiornata.
Anche in questo caso l’Imu sulla seconda casa passerebbe da 1.200 euro all’anno a 2.100 euro. Ovvero un aumento del 75%. Tradotto: vada come vada, un salasso. "L’Italia - attacca Salvini - non ha bisogno di ricette suicide già viste con Monti".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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