Bomba pensioni di invalidità: la sentenza sugli assegni

La Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi sulla legittimità della misura delle pensioni di inabilità civile per gli invalidi totali: 285 euro al mese sono insufficienti per garantire un sostegno adeguato

Bomba pensioni di invalidità: la sentenza sugli assegni

La Corte di Appello di Torino ha stabilito che la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi sia sulla legittimità della misura delle pensioni di inabilità civile per gli invalidi totali, sia sulla mancata concessione del beneficio “dell'incremento al milione” nei confronti degli stessi soggetti di età inferiore ai 60 anni.

Come riferisce Pensionioggi.it, l'ordinanza numero 240 del 3 giugno 2019 pubblicata lo scorso 8 gennaio 2020 in Gazzetta Ufficiale affronta un tema assai delicato, inerente alla quantità di denaro spettante, per legge, agli invalidi civili totali. La vicenda è stata sollevata in seguito alla storia di una 47enne invalida civile al 100%, titolare dell'assegno di invalidità civile e di indennità di accompagnamento.

Quest'ultima misura le garantiva 515,43 euro mensili per dodici mensilità, mentre la prima 286,66 euro mensili con l'integrazione di 10,33 euro. Il soggetto lamentava tuttavia l'inadeguatezza della pensione di inabilità per condurre “una esistenza dignitosa”. Da qui nasce quindi la chiamata in causa della Corte di Appello, chiamata a esprimersi contro la mancata concessione da parte dell'Inps dell'incremento citato.

La donna aveva chiesto l'erogazione della maggiorazione, che spettava tuttavia solo ai cittadini invalidi di età superiore o pari ai 60 anni. Tale misura le avrebbe permesso di integrare la prestazione fino a 638 euro, oltre l'accompagnamento e raggiungere una condizione di vita minima e accettabile per soddisfare le proprie esigenze economiche.

La spiegazione della Corte

La Corte non ha potuto puntare il dito contro l'Inps, visto che l'Istituto si è limitato ad applicare una norma di legge. Cioè nonostante i giudici hanno ravvisato due elementi di incostituzionalità. Il primo riguarda la “determinazione della misura della pensione di invalidità civile”, considerata “insufficiente a garantire il soddisfacimento delle minime esigenze vitali dell'invalido”. D'altronde l'irrisorietà della misura, in contrasto con l'articolo 38, comma 1 della Costituzione che sottolinea “il diritto di ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ... al mantenimento e all'assistenza sociale".

Il secondo elemento è invece collegato all'articolo 38 della legge 488/2001, in cui si nega l'incremento al milione agli invalidi civili con meno di 60 anni. Secondo la Corte si tratta di una norma discriminatoria poiché riconosce un incremento ai normodotati titolari di assegno sociale alla soglia dei 70 anni (indennizzo di oltre 600 euro) e allo stesso tempo “lascia una pensione di inabilità pari a poco più della metà ai soggetti totalmente inabili di età compresa fra 18 e 59 anni che si trovino per di più in condizioni di gravissima disabilità”.

Ecco perché la Corte d'Appello ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 12, comma 1 della legge 30 marzo 1971 nella parte dove si

attribuisce al “soggetto totalmente inabile” una pensione di inabilità pari a 282,55 euro nel 2018 e 285,66 euro nel 2019, insufficiente “a garantire il soddisfacimento delle minime esigenze vitali”.

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