Boom di sfratti e debiti, la ricetta economica di Biden non funziona

Il 58% degli americani la giudica "un fiasco". Sulle carte di credito zavorra di mille miliardi

Boom di sfratti e debiti, la ricetta economica di Biden non funziona
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«A fiasco». La Bideneconomics è stata bollata come fallimentare dal 58% degli americani, per nulla soddisfatti del modo in cui l'inquilino della Casa Bianca sta governando l'economia. Il fresco responso della Cnbc All-America Economic Survey mostra come Joe Biden dovrà parecchio faticare nella corsa per strappare un secondo mandato presidenziale, avendo dilapidato il largo consenso accumulato ai tempi della pandemia e nel primo periodo post-Covid. Cioè quando il fiume di denaro riversato nelle misure emergenziali sembrava poter garantire al Paese un secondo «new deal».

Così non è stato. I picchi di inflazione, addebitati dal successore di Trump allo choc energetico causato da Putin, e la successiva azione di contrasto all'aumento dei prezzi della Fed hanno impoverito le famiglie e fatto dilagare il malcontento. Soprattutto laddove la mancanza di provvedimenti efficaci contro il caro-affitti, dopo la fine della moratoria che li aveva impediti durante il virus, ha dilatato il fenomeno degli sfratti. Secondo i dati raccolti dall'Eviction Lab della Princeton University, a New York sono stati oltre 123mila gli sfratti nell'ultimo anno e quasi 800mila nelle circa 30 città oggetto dell'indagine. Per molti, soprattutto per i lavoratori privi di redditi elevati, trovare una nuova abitazione è tutt'altro che facile. Ciò spiega il motivo per cui il debito caricato sulle carte di credito ha finito per sfiorare i 1.000 miliardi di dollari. Ma le ripetute strette della banca centrale Usa hanno fatto balzare al 20% i tassi d'interesse da corrispondere, moltiplicando così le insolvenze. Un altro problema.

Seppure il mondo circostante non sia quello descritto nel romanzo apocalittico di Cormac McCarthy, per chi non riesce a restare a galla c'è solo la strada. Una ricerca in California, dove vive circa un terzo dei 582mila senzatetto del Paese, mostra che è proprio il costo degli affitti ad aver ingrossato l'esercito dei clochard. Ma lo stesso vale per New York, dove gli homeless sono cresciuti del 18% quest'anno, e in altre parti dell'America. Tutta gente che, prima di finire sotto i ponti, guadagnava in media 960 dollari al mese: troppo pochi per pagare l'affitto, troppo pochi per vivere in maniera dignitosa. Un sondaggio di Newsweek/Redfield&Wilton Strategies, condotto a fine maggio su un campione di 1.500 elettori, ha rilevato che circa il 53% degli americani è «molto preoccupato» per il livello di povertà nel Paese. Anche perché la soglia di sicurezza finanziaria, in base a un'indagine di Bankrate, è fissata a 233mila dollari l'anno, una cifra ben più alta rispetto ai circa 56mila dollari guadagnati mediamente da un lavoratore a tempo pieno.

Il paradosso è quello di una nazione che vive sulla propria pelle i disastri sociali provocato dall'impazzimento dei prezzi degli alloggi mentre risultano vuoti interi palazzi, occupati dai colletti bianchi prima dell'avvento del lavoro da remoto. Molti sindaci hanno proposto di convertire le torri per uffici in unità plurifamiliari, ma è un processo che richiede anni prima di ottenere i permessi necessari a riqualificare gli edifici.

Eppure questa potrebbe essere una soluzione per impedire che la crisi che sta investendo il settore del commercial real estate si incancrenisca fino a superare il punto di non ritorno. Stimato da McKinsey nel 2030, quando in sole nove città americane 800 miliardi di dollari di spazi per uffici potrebbero diventare obsoleti, cioè non più utilizzabili.

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