Scontri nelle banlieue di Milano, il mea culpa di Sala

"Manca aggregazione". L'invito alla famiglia di Ramy. E oggi vertice con Piantedosi

Scontri nelle banlieue di Milano, il mea culpa di Sala
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«Se mancano progetti di aggregazione nei quartieri popolari per questi ragazzi di seconda o terza generazione di immigrati che magari finiscono per sentirsi un po' isolati? Si mancano, non c'è dubbio e questa è una nostra responsabilità, una responsabilità dell'Amministrazione comunale. È vero che al Corvetto c'è tanto terzo settore, ma ad esempio anche nella zona popolare di San Siro abbiamo meno luoghi di una volta per cercare di integrare e di convincere questi ragazzi che possono essere delusi dalle aspettative che avevano qui in Italia».

È un'analisi pacata, non scevra da pragmatici mea culpa e destinata a convincere quella del sindaco di Milano Beppe Sala. Che nel primo pomeriggio di ieri, ai margini dell'inaugurazione del «Milano Welcome Center» di via Sammartini 75 - il punto unico di accesso ai servizi cittadini dedicati alle persone migranti e rifugiate aperto grazie al Welfare di Palazzo Marino a due passi dalla stazione Centrale - non si è fatto pregare per parlare dei disordini scoppiati nei giorni tra domenica e lunedì notte al Corvetto, periferia sud di Milano. Ondate di malcontento concretizzatesi in assalti di massa nel quartiere da parte di gruppi di giovani di origine straniera che, perlopiù incappucciati, hanno assalito mezzi pubblici, ribaltato e incendiato cassonetti, aperto estintori in strada, il tutto lanciando petardi e fumogeni contro la polizia. Episodi verificatisi dopo la morte di uno di loro, Ramy Elgaml, 19 anni, egiziano di origini, cresciuto nel complicato reticolo di strade attorno a piazzale Gabrio Rosa e dintorni, elettricista e ragazzo del quartiere. Caduto, e male, sull'asfalto, nella notte tra sabato e domenica, in motorino senza casco. Dopo averlo perso nella fuga dai carabinieri e dopo che lo Yamaha Tmax sui cui viaggiava, guidato dall'amico 22enne tunisino Fares B. non si era fermato a un posto di blocco. Venti minuti di inseguimento notturno, sirene e strade contromano, e poi lo schianto in via Ripamonti. Un incidente mortale su cui il quartiere, ma anche faglie di giovani provenienti da altre zone difficili della città (uno di loro, un 21enne montenegrino residente a San Siro, è stato arrestato durante i disordini, ndr) hanno costruito vere e proprie illazioni, anche con filmati online, addossando ai carabinieri l'accusa di aver addirittura speronato dolosamente lo scooter: una «ricostruzione» da cui la Procura ha già preso nette distanze.

Intanto a Milano è atteso per oggi l'arrivo del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi che presiederà una riunione in prefettura. Lo ha annunciato sempre ieri Sala precisando, prima di concludere il suo intervento e sferrando una bordata al Centrodestra: «Preferiamo scontrarci con la realtà piuttosto che combattere con le parole».

E a proposito di parole il sindaco ha apprezzato molto quelle dette ieri mattina all'Ansa dal padre del povero Ramy. Che ci ha tenuto a precisare: «Ci impegniamo a rispettare la legge nel nostro secondo Paese, l'Italia. Abbiamo fiducia nella magistratura italiana, e non vogliamo vendetta ma solo sapere ciò che è successo. Ci dissociamo da tutti i violenti».

Nella medesima prospettiva di preoccupazione di Beppe Sala anche l'intervento di ieri del vice premier Matteo Salvini. Che, ai microfoni di «Non stop news» su Rtl 102.

5, parlando di «emergenza nazionale» ha detto: «C'è un problema drammatico su cui, come Lega, stiamo lavorando insieme ai sindaci, ma penso che anche il Parlamento dovrà prestare maggiore attenzione alle seconde generazioni, ai ragazzi nati in Italia da famiglie straniere e che però non si sentono parte di questo Paese. Il problema non riguarda solo i fatti di Milano, ma anche le aggressioni quotidiane sui treni e i mezzi pubblici, le baby gang, le violenze contro le ragazze e il bullismo».

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