Borse, sulla strada del rally tutti gli ostacoli di fine anno

L'incognita elezioni Usa si aggiunge a un quadro macro in deterioramento. Bce chiamata a fare di più

Borse, sulla strada del rally tutti gli ostacoli di fine anno
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Le turbolenze estive non hanno innescato il temuto mercato orso, anzi. Le Borse mondiali veleggiano sui massimi storici quando alla fine del terzo trimestre manca una sola seduta. Al maxi-taglio tassi della Fed del 18 settembre si è aggiunto a stretto giro il pacchetto sostanzioso di stimoli da parte della Cina. Oltreoceano l'indice S&P 500 si avvia a sigillare un altro mese positivo e da inizio anno il saldo è di quasi +21%. In corsa anche l'azionario del Vecchio continente con il Ftse Mib (+14,4%) che stacca di poco il Dax tedesco (+13,8%) non scalfito dai nuovi venti di recessione. Un caso a parte è Parigi (solo +3,5% nel 2024), vittima dell'instabilità politica interna.

Proiettando lo sguardo in avanti, l'Europa il prossimo trimestre si troverà a fronteggiare uno scenario potenzialmente più avverso con l'acuirsi dei segnali di cedimento per l'economia continentale. Goldman Sachs avverte circa i crescenti rischi che questa debolezza andrà presto a impattare sugli utili aziendali e ritiene che nel breve ci sia «poco spazio per un miglioramento sostanziale dei profitti». Rispetto a inizio anno le aspettative per gli utili sull'intero 2024 sono diminuite di circa il 2,8% e tra gli operatori cresce il timore che queste stime siano destinate a ridursi ancora vista anche la precaria salute di settori quali auto e lusso.

Ma il maggiore elemento di incertezza è dato dalle elezioni Usa. La più importante consultazione elettorale al mondo arriva ogni 4 anni e siamo a cinque settimane dal voto. La corsa alla presidenza tra Kamala Harris e Donald Trump è molto aperta e lo sarà fino all'ultimo, anche se va detto che storicamente la performance dell'S&P 500 nel trimestre delle elezioni non si discosta molto da quella media. Quello che spicca è un aumento della volatilità pre e post-elezioni, accompagnata da forti divergenze a livello settoriale. Lo spread di performance tra il settore migliore e quello peggiore a novembre durante gli anni elettorali è di oltre il 15% rispetto al 10% medio; questo significa che gli investitori vanno a scontare l'impatto potenziale delle politiche del vincitore su alcuni segmenti di mercato. Nel 2016, quando vinse Trump, ci fu una differenza record del 19% tra il settore con le migliori prestazioni (finanziari) e quello peggiore (utility).

Dal punto d'osservazione dell'Europa il principale elemento di incertezza risiede nel nodo dazi. Il candidato repubblicano propone una tariffa generale del 10% sulle importazioni e un inasprimento della guerra commerciale andrebbe inevitabilmente a intralciare la crescita degli utili. Barclays vede più esposte a questo rischio le azioni di Italia e Germania, così come settori quali auto, beverage, tecnologia e prodotti chimici. Altre differenze importanti tra i due candidati alla Casa Bianca si notano in politica estera, quindi settore difesa, e sulla transizione energetica.

Un ruolo chiave per l'umore dei mercati lo avrà anche la Bce. Gli ultimi deboli riscontri macro hanno alimentato il pressing per un'azione più decisa rispetto al singolo taglio ogni trimestre che il consensus indicava fio a poche settimane fa. «Si è passati da un rischio di inflazione persistente a uno di stagnazione.

Pertanto ci aspettiamo che la Bce tagli i tassi di 25 punti base a ottobre e continui con tagli consecutivi fino a giugno 2025», è l'indicazione del team di ricerca di Barclays.

Sulla stessa lunghezza d'onda Hsbc che vede tagli consecutivi fino ad aprile 2025. La palla passa quindi a Christine Lagarde chiamata a evitare che la paventata recessione prenda piede in tutta Europa.

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