Piano Ue «Fit for 55», che prevede lo stop nel 2035 alla produzione dei motori endotermici, transizione verso l'elettrico, crisi dei chip e prezzi alle stelle di materie prime ed energia cominciano a mietere vittime tra gli occupati. È il caso di Bosch e Marelli. Entrambi i gruppi hanno annunciato esuberi e a essere interessati sono 700 dei 1.700 lavoratori dell'impianto Bosch di Bari e 550, tra impiegati e quadri, su un totale di 7.900 occupati in Italia, per Marelli. La fabbrica Bosch, attiva dal 1999 a Modugno, produce componenti per i motori Diesel ed è la più grande tra quelle del gruppo in Italia. Negli ultimi anni il colosso tedesco vi ha investito un'ottantina di milioni, avviando anche un tentativo di riconversione produttiva. Una linea è stata adattata a realizzare motorini elettrici per e-bike, ma non è bastato.
Marelli, che la giapponese CK Holdings ha rilevato nel 2019 da Fca, si è detta disponibile a concordare con il sindacato strumenti basati sulla volontarietà o che, comunque, escludano i licenziamenti. Lo stesso gruppo ribadisce anche l'impegno a realizzare un piano di investimenti di oltre 77 milioni nel 2022 nonostante le condizioni avverse del mercato automotive e la riduzione dei volumi dei clienti.
Anche Bosch ha dato la disponibilità a governo e sindacati per trovare il modo di gestire al meglio la situazione. Per il colosso tedesco il piano di esuberi, da completare in 5 anni, è la causa diretta della fine annunciata dei motori Diesel, anche se tutto deve essere ancora politicamente definito, la cui quota di mercato, solo in Italia, dal 2016 (anno del Dieselgate Volkswagen) è scesa dal 57% al 21%. Le stime dell'azienda sulle produzioni sono in forte contrazione: per uno dei componenti si passerà da 2,1 milioni di pezzi sfornati nel 2017 a 400mila quest'anno, con azzeramento nel 2027; per un altro dei sistemi, dagli attuali 720mila a 455mila sempre nel 2027.
Il caso Bosch di Bari è da mesi sul tavolo del ministro allo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che ha pure visitato l'impianto e che, in una nota, ribadisce come «la fase della transizione deve essere compatibile non solo con le esigenze ambientali, ma anche con quelle sociali ed economiche. Senza questo equilibrio - aggiunge - il conto da pagare può diventare insostenibile». «Questi esuberi - afferma Roberto Benaglia (Fim-Cisl) - sono un messaggio ai 1.009 grandi elettori: al Paese serve un governo che faccia politica industriale e tuteli il lavoro.
E non in campagna elettorale».«Il problema Bosch - precisa la Uilm - è perfino più grave: le missioni produttive non Diesel a Bari saranno in grado di dare lavoro a circa 450 persone, mettendo a repentaglio l'esistenza stessa del sito».
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