«Si accenda un faro Consob su Carige». Nel bel mezzo delle trattative per la vendita della banca genovese, è la prima pretendente Bper a scrivere alla Commissione presieduta da Paolo Savona affinché sia fatta chiarezza sull'esistenza di eventuali offerte concorrenti. L'istituto guidato da Piero Montani, di cui Unipol ha 18,9%, ha chiesto in particolare che «il mercato venga informato sull'esistenza di eventuali proposte o trattative del Fondo Interbancario di tutela dei depositi». Il Fitd è il primo azionista di Carige con l'80%, a cui aggiunge l'8,3% in mano a Cassa Centrale Banca.
Obiettivo della missiva: ripristinare una corretta informazione sui titoli quotati coinvolti: Carige ma anche Bper, che teme di essere penalizzata per essere dovuta uscire allo scoperto sulla scia di alcune indiscrezioni, rispetto ad altri potenziali pretendenti. In Borsa ieri Bper ha chiuso in calo dello 0,22% a 1,82 euro; piatta invece Carige a 0,75 euro.
Ma chi potrebbe essere in corsa per Carige? Nelle sale operative si sono fatti più volte i nomi del fondo Cerberus, di Bnp Paribas e del Credit Agricole Italia, il cui numero uno Giampiero Maioli ha però smentito l'apertura di un dossier.
Nessun commento invece da parte del Fitd, da cui Bper attende una risposta anche alla sua ultima proposta: aprire un tavolo di confronto, corredato da un'esclusiva, per approfondire insieme l'offerta recapitata il 14 dicembre e respinta dal fondo presieduto da Salvatore Maccarone perché giudicata «incompatibile» con lo statuto. Al momento, secondo indiscrezioni, il Fondo non sembrerebbe tuttavia incline a procedere con l'esclusiva. L'offerta non vincolante di Modena prevedeva infatti l'acquisto dell'88,3% banca ligure al prezzo simbolico di 1 euro; a fronte di una ricapitalizzazione a carico del Fitd di un miliardo. Denaro che, nella strategia di Montani, serve per alzare il livello di patrimonializzazione (Cet1) di Carige dal 9,5% al 13,6% dell'istituto modenese, fronteggiare gli esuberi e ripulire il portfolio crediti.
Ma se le big del settore, come Intesa e Unicredit, appaiono disposte a qualche sacrificio pur di dare una sistemazione definitiva a Carige, più freddi sarebbero i piccoli istituti che aderiscono al Fitd, in cui prevale la preoccupazione per le ricadute sui propri bilanci.«È l'ora che il Fitd renda pubblici i nomi degli altri offerenti e che chiarisca come stanno davvero le cose», ha rimarcato il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, al Secolo XIX.
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