Un consiglio d'amministrazione fiume, durato poco meno di otto ore. La giornata dei consiglieri del Banco Bpm, sotto Offerta pubblica di scambio da parte di Unicredit, è stata lunghissima e iniziata giocoforza dal tema più caldo: la mossa dell'istituto guidato da Andrea Orcel che scompagina i piani del nascente terzo polo bancario. Alla fine della prima parte della riunione è arrivato l'atteso comunicato, che com'era prevedibile tocca tutti i tasti dolenti dell'operazione. «Si precisa che l'offerta non è stata in alcun modo preventivamente concordata con la banca», esordisce l'istituto guidato da Giuseppe Castagna che di fatto respinge all'unanimità la proposta che «indica un corrispettivo unitario - interamente in azioni - che riflette un premio dello 0,5% rispetto al prezzo ufficiale» del 22 novembre, condizioni ritenute «del tutto inusuali per operazioni di questa tipologia, e, nell'opinione del consiglio di amministrazione, che non riflettono in alcun modo la redditività e l'ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti di Banco Bpm».
Ma se su questo punto si erano già ampiamente espressi gli analisti, poco dopo l'istituto lombardo lancia una bomba psicologica che non mancherà di suscitare nuove perplessità sull'offerta: secondo Bpm le previste sinergie di costo per 900 milioni, più di un terzo di quelli di Piazza Meda, «destano forti preoccupazioni sulle prevedibili ricadute a livello occupazionale e sociale». Insomma, secondo l'istituto di Castagna, dietro quei numeri si celano drastici tagli della forza lavoro: «Peraltro tali sinergie, al pari di quelle dei ricavi», continua Bpm, «non sono per nulla valorizzate nelle condizioni dell'offerta». È vissuto come un pericolo, inoltre, il fatto che l'operazione esporrebbe Banco Bpm «all'alea connessa all'esito delle iniziative di espansione avviate da Unicredit in Germania», diluendo l'attuale esposizione geografica in una delle regioni più dinamiche dell'Eurozona, per riposizionarla su aree attualmente a maggiore «rischio geopolitico» e a «minore crescita».
C'è poi un altro aspetto che è potenzialmente urticante anche per il governo, che vorrebbe fare di Bpm il perno di un polo da 20 miliardi di capitalizzazione insieme ad Anima e Mps: l'offerta «comporta l'effetto di assoggettare la banca alla passivity rule». Quest'ultima, infatti, è una normativa che vincola la banca oggetto di Ops od Opa a non mettere in atto azioni difensive per scongiurare offerte e scalate esterne. Aspetto, quest'ultimo, che limita non poco il management di Bpm anche per operazioni già imbastite come l'acquisizione di Anima (sotto Opa proprio di Bpm) e il consolidamento della partecipazione in Mps appena acquistata: ne viene quindi danneggiata «la flessibilità strategica del gruppo, in particolare con riferimento alle condizioni dell'offerta pubblica di acquisto promossa lo scorso 6 novembre da Banco Bpm Vita, sulla totalità delle azioni Anima Holding e al recente investimento da parte della Banca nel capitale sociale di Banca Monte dei Paschi di Siena, determinandosi così un quadro di elevata incertezza». In pratica, in ossequio alla normativa, il cda non potrebbe alzare in autonomia il prezzo su Anima (l'operazione però sta andando avanti, ieri sono state depositate le istanze a Bankitalia e Ivass) né dare corso ad acquisti su Mps superiori al 5% già previsto. Il tutto fino all'estate, all'incirca quando il periodo di adesione all'offerta dovrebbe concludersi.
Quest'ultimo è un campanello d'allarme per il governo, dal momento che si fermerebbe il cantiere per l'agognato terzo polo.
Motivo per cui l'ipotesi di un utilizzo del golden power, che per una banca può essere applicato anche a un compratore italiano, non è da escludere, come del resto hanno fatto trapelare il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e Palazzo Chigi, per nulla contenti dell'uscita non concordata di Orcel.Ieri, infine, Bpm ha nominato Edoardo Faletti nuovo responsabile della funzione di gestione del rischio.
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