
«È evidente che l'offerta non ha alcun senso per i nostri azionisti», questa è la chiosa finale del discorso agli analisti dell'amministratore delegato di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, riguardo all'Offerta pubblica di scambio lanciata da Unicredit su Piazza Meda. Ieri il board dell'istituto si è riunito per vagliare il Comunicato dell'Emittente. Il responso, invero scontato, è stato che il cda all'unanimità «ha ritenuto l'Ops non conveniente». La conferenza, durata circa un'ora, ha visto partecipare anche il presidente Massimo Tononi il quale ha affermato che la proposta di Piazza Gae Aulenti sarebbe «inadeguata dal punto di vista finanziario e non giusta per i nostri azionisti». Per la spiegazione dei motivi è sceso nel dettaglio l'amministratore delegato Castagna: «Ci sono molteplici elementi di incertezza», a partire dall'impatto che l'applicazione delle prescrizioni governative del Golden Power, «le cui modalità di implementazione da parte di Unicredit non risultano chiare» visto che l'istituto guidato da Andrea Orcel non ha ancora spiegato i possibili impatti, in particolare per quanto riguarda la richiesta di abbandonare la Russia.
In base ai range di concambi identificati dal cda il Corrispettivo dovrebbe riconoscere un valore di almeno 4,6 miliardi in più rispetto a quello attuale «senza considerare il premio per il controllo» (il premio per l'operazione è dello 0,5% contro il 45% di altre operazioni del passato come Intesa Sanpaolo-Ubi). Il matrimonio, poi, per Castagna non sarebbe cosa buona e giusta per una questione non solo di filosofia. «La strategia perseguita da Banco Bpm, incentrata sulla generazione di valore per l'azionista attraverso la piena valorizzazione delle opportunità di sviluppo del business presso la clientela di riferimento, con specifico riguardo alle famiglie e alle Pmi, appare diversa da quella implementata da Unicredit». In un'epoca di tassi in abbassamento, Bpm sottolinea come - grazie alle sue fabbriche prodotto di fondi e assicurazioni - l'impatto sui ricavi delle commissioni raggiungerà il 50% entro il 2027, mentre Piazza Gae Aulenti si fermerà al 42 per cento. Questo la porterà a una «crescita piatta degli utili». L'unione, sempre secondo Bpm, andrebbe a vantaggio dei soci di Unicredit e a svantaggio di quelli di Piazza Meda ai quali verrebbe riconosciuto un utile netto dell'entità combinata di 1,8 miliardi mentre se rimanesse da sola gli azionisti di Bpm avrebbero un utile netto di 2,15 miliardi, quindi di fatto con una perdita di utile netto annuo di 350 milioni.
L'affondo poi arriva su un altro punto toccato dalle prescrizioni governative, ovvero il rapporto tra depositi e prestiti che a Palazzo Chigi si vorrebbe venisse mantenuto (per Castagna il rapporto di Unicredit è a circa il 79% mentre quello di Bpm è al 98%).
In particolare, viene sottolineato, in Italia tra il 2020 e il 2024 Unicredit avrebbe diminuito gli impieghi da 168 miliardi a 145 miliardi (23 miliardi in meno) risultato di una politica di «riduzione delle attività ponderate per il rischio».
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