Francesco Gaetano Caltagirone entra nel capitale di Mediobanca. Il 23 febbraio scorso, tramite una sua holding, l'Istituto Finanziario 2012, ha rilevato l'1,014% dell'istituto milanese. Un'operazione costata circa 80 milioni, che riaccende i riflettori sulla grande finanza nazionale. Ponendo da subito un interrogativo di fondo: perché Calatagirone investe in Mediobanca? Lo stato dell'arte è il seguente: in Piazzetta Cuccia è da poco diventato primo azionista Leonardo Del Vecchio, con il 13,2% e l'ok Bce a salire fino al 20 a condizione di non puntare a stravolgere gli attuali equilibri di management, guidato dall'ad Alberto Nagel. Lo stesso Del Vecchio è socio forte, con il 4,84% di Generali, il forziere storico della finanza nazionale, il cui primo socio è proprio Mediobanca, con il 13%. Mentre Caltagirone in Generali è vicepresidente e detiene una quota del 5,65%, in costante incremento. Il quadro si completa con l'agenda societaria del Leone, che tra un anno dovrà rinnovare il proprio board, oggi presieduto da Gabriele Galateri e guidato dall'ad Philippe Donnet.
Il contesto è dunque quello di un tandem di investitori - Del Vecchio e Caltagirone - che con intensità e modalità variabili puntano su Generali e Mediobanca, dove da ieri c'è anche il costruttore romano. Ma c'è una differenza. Attraverso l'incrocio di fonti finanziarie, la mossa di Caltagirone si spiega con tre elementi ricorrenti. Il primo è un fatto: la grande liquidità a disposizione, nell'ordine di 1,5 miliardi, recentemente alimentata dall'uscita dal capitale di Suez, con la vendita del 3,5% per un assegno di oltre 300 milioni. Una situazione che porta l'Ingegnere a frequenti investimenti in società ritenute interessanti, come avvenuto in Anima lo scorso anno. Il secondo è la continuità con cui Caltagirone cresce in Generali, con l'obiettivo ormai vicino del 6% del capitale. Il terzo è il disappunto per alcune mosse di Donnet, platealmente emerso quando nel giugno scorso il vicepresidente ha disertato il collegamento per il cda che ha approvato l'acquisto del 24,5% di Cattolica per 300 milioni, in compagnia proprio del rappresentante di Del Vecchio in cda, Romolo Bardin. L'Ingegnere non ha gradito il fatto di non essere stato sufficientemente informato dell'iniziativa, a maggior ragione non essendo convinto della sua utilità strategica. Tutto questo, conoscendo la «grammatica» della grande finanza, fa pensare che l'ingresso in Mediobanca sia un segnale in chiave Generali: una mossa per aumentare la presa su Trieste, anche con un'aumentata vicinanza nei confronti di Del Vecchio, in vista del rinnovo del cda. La partita si giocherà su questo: la nuova governance prevede che la composizione del prossimo vertice, da sottoporre all'assemblea, spetti allo stesso cda, attraverso un complesso processo di selezione.
Ma è chiaro che Mediobanca da un lato e i soci italiani dall'altro (con i Benetton arrivano al 14% di Generali), possono serenamente condurre le danze.Donnet presenterà i risultati del 2020 nel consiglio del 10 marzo. Un appuntamento che, a questo punto, diventa assai importante per valutare i risultati dopo il secondo anno del suo secondo mandato.
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