Carige, Ccb scombina i piani di Franco

La centrale cooperativa pronta al passo indietro. L'impasse pesa sui destini di Mps

Carige, Ccb scombina i piani di Franco

Si avvicina la resa dei conti per Carige su cui già domani il consiglio del Fondo Interbancario di garanzia dei depositi (azionista all'80% del capitale di cui la metà circa tramite lo schema volontario) potrebbe decidere di avviare nuove interlocuzioni al di là della Cassa Centrale Banca (Ccb). L'istituto presieduto da Giorgio Fracalossi, socio all'8,3% di Carige e con l'opzione a rilevare la quota in mano al Fondo interbancario (Fitd) entro fine anno, sarebbe ormai pronto a uscire di scena.

Ma se per Carige l'esplorazione di strade di aggregazione alternative alla realtà trentina può rivelarsi un successo, per il ministro dell'Economia Daniele Franco si tratta di un ulteriore mina da disinnescare, proprio mentre si stringono i tempi per la risoluzione del nodo Banca Monte dei Paschi (di cui il Tesoro è socio al 64%). In entrambi i casi la gestione del fascicolo bollente potrebbe non essere indolore per le casse pubbliche e comportare nuovi esborsi pur di convincere eventuali «cavalieri bianchi» a scendere in campo.

Ieri, secondo indiscrezioni di mercato, il cda della Ccb ha analizzato il dossier di Carige e le formali opposizioni di alcuni dei 77 istituti di credito cooperativo che compongono il gruppo. I rilievi sarebbero stati mossi sia in relazione al prezzo (quello concordato, 300 milioni circa, è ormai anacronistico, anche in relazione alla valutazione a bilancio della quota), sia a livello strategico per posizionamento, dimensioni e natura societaria. Senza considerare che per Ccb, forte di un utile consolidato di 245 milioni e un indice di patrimonializzazione Cet1 al 21,46%, sarebbe tornata a proporsi Iccrea, realtà di credito cooperativo meno complessa da gestire rispetto a Carige.

Nonostante le numerose ricapitalizzazioni effettuate negli ultimi anni, compresa l'ultima che ha visto lapporto del Fitd per 617 milioni complessivi e di Ccb per 63, la via crucis di Carige potrebbe non essere finita. La banca guidata da Francesco Guido ha chiuso il primo periodo di ritorno alla gestione ordinaria (febbraio -dicembre 2020) con un profondo rosso 251 milioni, ben oltre gli 85 milioni attesi dai commissari, e con un indice di patrimonializzazione Cet 1 al 12,8 per cento. Non abbastanza per essere tranquilli in uno scenario di incertezza in cui si intravede all'orizzonte la fine delle moratorie.

Anche per questo la Bce sta spingendo i protagonisti a trovare una soluzione entro fine mese. Ccb avrebbe avanzato un'offerta d'acquisto al prezzo simbolico di un euro e di una dote finanziaria di 500 milioni, proposta irricevibile per il Fitd che, ciononostante, deve trovare quanto prima una via di uscita non avendo come ruolo quello dell'azionista.

Tra coloro che hanno concorso maggiormente alla ricapitalizzazione di Carige ci sarebbe Unicredit (si parla sul mercato di una quota intorno ai cento milioni) che, chiamata a rafforzarsi sul territorio italiano, potrebbe ritenere l'asset attraente. Purché, ovviamente, a un prezzo di occasione. Un problema per il Tesoro che da tempo ha individuato proprio nel gruppo di Piazza Gae Aulenti l'unico interlocutore grado di gestire il fascicolo di Rocca Salimbeni.

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