Il tribunale prende tempo sulla guerra in corso per il controllo di Carige tra Vittorio Malacalza, primo socio dell'istituto ligure con il 27,55%, e il fronte avversario capeggiato dal finanziere Raffaele Mincione. Il verdetto dei giudici genovesi, che ieri hanno deciso di «riservarsi» come procedere, potrebbe tuttavia essere diffuso domani, forse prima dell'apertura di Piazza Affari. E, stando ad alcune ricostruzioni, il tribunale dovrebbe allinearsi al muro alzato da Bankitalia e Bce che venerdì hanno sterilizzato al 9,9% i diritti di voto del patto di sindacato che unisce Mincione a Gabriele Volpi e ad Aldo Spinelli (per un totale vicino al 15%), perché non è stata preventivamente chiesta l'autorizzazione a oltrepassare la soglia «sensibile» del 10% del capitale. L'ultima data utile per il verdetto del tribunale è il 20 settembre, quando l'assemblea dei soci sarà chiamata a rinnovare il cda: Malacalza candida Pietro Modiano presidente e Fabio Innocenzi amministratore delegato; la cordata di Mincione schiera lo stesso finanziere e conferma Paolo Fiorentino come ad.
Malacalza nel ricorso punta invece al colpaccio, alla completa esclusione della lista di Mincione & C da uno scontro assembleare che mostra comunque alcuni profili di incertezza. Per quanto la decisione di Bankitalia e Bce avvantaggi (e non poco) Malacalza, sulla nuova geografia del board peserà infatti la battaglia delle deleghe: Mincione si è appoggiato a Morrow Sodali e quindi, in teoria, potrebbe riuscire a «compensare» la sterilizzazione dei diritti subita.
Senza contare che lo stesso statuto di Carige fissa un criterio strettamente proporzionale per l'assegnazione dei pesi in consiglio. In buona sostanza Malacalza, che ha già investito 430 milioni circa per salvare Carige contro la trentina di milioni scommessa dal finanziere italo-britannico, teme, se lo scarto sarà risicato, di vedersi assegnato il numero maggiore di consiglieri ma non abbastanza per poter contare su una maggioranza solida, assoluta. Allo stato i posti nel board sono 15, ma anche questo sarà oggetto di determinazione giovedì in assemblea.
Cruciale appare quindi l'orientamento del cosiddetto «flottante»: a partire dai fondi di investimento italiani che dovrebbero appoggiare la lista di minoranza depositata da Assogestioni (2,5%). Gli hedge fund esteri potrebbero per contro simpatizzare per Mincione; della partita sarà poi il Tesoro che attraverso la Sga, la bad bank dell'ex Banco Napoli, ha ancora in mano l'1,79% di Carige dal precedente 4,9% e potrà votare per l'1,9% detenuto l'11 settembre. Alcune preferenze potrebbero poi essere catalizzate dalla lista di Coop Liguria (0,4%).
Resta la strada di
nuovi ricorsi. Un'altra guerra legale non è però il miglior viatico per una banca che 10 mesi fa ha ricapitalizzato per 550 milioni ma che in Borsa ne vale circa 483 e che deve assolvere ad altre richieste della Vigilanza.
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