Catasto, i proprietari di casa più penalizzati: ecco dove

Il rapporto catastale cambia in base alla città: ecco dove si riscontra un maggior divario del rapporto tra imponibile Imu e prezzi di mercato

Catasto, i proprietari di casa più penalizzati: ecco dove

Città che vai, catasto che trovi: se avere una casa ad Imperia può essere un affare, a Pordenone lo è di meno. È questa l'elaborazione de Il Sole 24 Ore in collaborazione con Nomisma, che ha confrontato il valore catastale medio di abitazioni in categoria A/2 e A/3 (il 79% del totale) e le quotazioni medie di fine 2020 per un appartamento di 90 metri quadrati ad uso civile.

Il rapporto imponibile/Imu

Nella città ligure si paga l'Imu su un valore catastale medio di 73.600 euro a fronte di un valore di mercato di 202mila euro (il rapporto è uno a 2,75). A Pordenone, invece, il risultato è ribaltato: si viene tassati su 125.300 euro, mentre il prezzo si ferma sotto i 90mila euro. In questo caso, l'incrocio tra imponibile Imu e prezzi di mercato riserva alcune sorprese e mette in luce l'impatto del Covid-19 sui prezzi delle case: infatti, sui 103 capoluoghi di provincia italiani, ce ne sono dieci in cui il prezzo medio di mercato scende sotto l'importo figurativo fiscale. Oltre a Pordenone figurano anche Alessandria, Taranto, Mantova e Viterbo. Altri nove, tra cui Venezia e Milano, hanno invece un rapporto superiore a due e sono, per così dire, i più "avvantaggiati" dal catasto.

"Valori non aggiornati"

Allo stato attuale, come si legge sulle "Raccomandazioni specifiche per Paese" del 2019 della Ue citate nel Pnrr, suggeriscono una "riforma dei valori catastali non aggiornati". La revisione, però, non è prevista nella riforma fiscale il cui disegno di legge delega è atteso a settembre in Consiglio dei ministri. Il silenzio è d'oro ma non in questo caso: nonostante le ipotesi circolate nelle scorse settimane, la volontà parlamentare è quella di non riaprire un dossier così delicato anche se è lo stesso Ministero dell'Economia ad aver sollecitato aggiornamento e integrazione dei database immobiliari "anche nell'ottica di una più equa imposizione immobiliare".

Pesi e misure diversi

Il confronto con il valore di mercato dimostra quanto può essere diverso l'Imu a parità di delibera: la classica aliquota del 10,6 per mille, applicata da moltissimi Comuni, può tradursi in un peso fiscale più o meno pesante: si passa dallo 0,4% di carico fiscale sul valore di mercato effettivo a Imperia fino ad arrivare all'1,2% di Pordenone (dove comunque pure l'aliquota ordinaria si ferma all'8,85 per mille). E l'11,4 per mille di Milano si traduce in uno 0,5%, distante dai carichi fiscali più pesanti. Quali sono le spiegazioni di questi divari? Non c'è mai un'unica motivazione: le rendite catastali fotografano il mercato di fine anni '80 e da allora ci sono città e quartieri in cui i prezzi sono cresciuti o diminuiti. Padova, ad esempio, è penalizzata anche da rendite catastali tra le più elevate d'Italia, superate solo da Siena e Roma. Ovviamente, le eccezioni sono tantissime anche all'interno dello stesso Comune: case in centro con pochi vani hanno rendite più basse ma se sono in categoria signorile (A/1) il discorso si ribalta; abitazioni di nuova costruzione sono in genere più quotate dal catasto ma una villetta si può pagare di più se è iscritta come A/7 anziché A/2.

Dove il catasto penalizza di più

Infine, sono moltissimi gli immobili ristrutturati che hanno visto crescere la rendita (i contribuenti che sfruttano i bonus sui lavori sono ormai 10,3 milioni).

E poi alcuni Comuni come Roma, Milano, Bari e Lecce sono stati oggetto di revisioni delle rendite più o meno estese mentre nella maggioranza degli altri non si è intervenuti. Di norma, fuori dai capoluoghi è probabile che il catasto sia più penalizzante per i proprietari perché nei piccoli centri i valori di mercato riflettono le minori possibilità di affitto e rivendita.

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