Cdp, cinque donne nel cda. Decaro era il candidato Pd

L'accordo finale tra i partiti di governo rispetta quanto previsto dalla legge Golfo. In manovra anche la sinistra

Cdp, cinque donne nel cda. Decaro era il candidato Pd
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«Gender parity» a parole e maschilismo nei fatti. Il rinvio dell'assemblea della Cassa depositi e prestiti a lunedì prossimo 15 luglio nasconde un retroscena molto più interessante delle polemiche che in questi ultimi giorni hanno riempito le pagine economiche dei giornali. Sostanzialmente i rumor attribuiscono l'impasse sul rinnovo del consiglio di amministrazione (già certe le conferme del presidente Giovanni Gorno Tempini e dell'ad Dario Scannapieco, rispettivamente in quota Fondazioni e Tesoro) ai partiti di maggioranza (Fdi, Fi e Lega), ma in realtà la situazione è bene diversa.

Lo statuto prescrive che i «due quinti» dei nove consiglieri siano donne. Poiché una di queste designazioni spetta agli enti di origine bancaria (non sarà comunque l'avvocato Lucia Calvosa, indicata da alcune indiscrezioni), nessuno dei tre partiti vuole rinunciare alla propria quota rosa e così l'assemblea è slittata sia il 20 giugno che il 2 luglio. Paradossalmente il Pd, in quanto principale partito di minoranza, avrebbe potuto approfittarne per mettere in imbarazzo la maggioranza non solo con le dichiarazioni di principio, ma avanzando una candidatura femminile. Ebbene la formazione della segretaria Schlein avrebbe indicato l'ex sindaco di Bari e presidente Anci nonché attuale parlamentare europeo, Antonio Decaro, come proprio candidato. La situazione, anziché sbloccarsi, si è complicata ulteriormente, a dimostrazione del fatto che i democratici sono bravissimi a predicare bene, ma non altrettanto a dare seguito ai principi.

In ogni caso, il puzzle in queste ultime ore sembra essersi ricomposto. I «due quinti» troveranno un'espressione matematica arrotondata per eccesso includendo nelle designazioni il consiglio della «gestione separata» che si occupa del risparmio postale e che è composto da cinque elementi. Attualmente il board, che sovraintende a 234 miliardi di asset (92 miliardi in libretti, 142 in Buoni fruttiferi), è interamente maschile: a partire dal dg del Tesoro, Riccardo Barbieri Hermitte, per concludere con i rappresentanti di Regioni, province e Comuni. In questo modo su 14 membri complessivi ben cinque saranno donne (tre da una parte e due dall'altra) e, dunque, ci sarà una esponente femminile in più negli organi di gestione rispetto al recente passato. La controversia sarà così superata e tutti potranno dirsi soddisfatti. Anche se la Cassa depositi e prestiti (82,7% in capo al ministero dell'Economia) non è una società quotata, essa controlla o partecipa al capitale di giganti della Borsa come Eni, Fincantieri, Saipem, Poste e Tim (oltre a Open Fiber e Autostrade). Essere impeccabili dal punto di vista della «diversity & inbclusion» è un must rispetto a un mercato sempre più attento alle tematiche Esg.

Una circostanza della quale il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, è pienamente consapevole a tal punto da aver rinviato l'assemblea fino a quando non fosse stata data una risposta in linea con le best practice.

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