Argentina: spiragli concreti di liberismo. L'intraprendenza gagliarda del neo presidente Javier Milei sta provocando l'orticaria ai cultori dello statalismo. Il suo motto è un programma interessante: meno Stato e più privato. Che, detto in Sudamerica dove storicamente impera la mentalità assistenzialista, rappresenta una svolta rivoluzionaria. In Occidente una certa invidia dovremmo provarla. Qui si discute molto, ma si fa poco e male. E ogni misura produce perlopiù un effetto frenante rispetto al concetto di libertà di fare mercato. I tempi del decisionismo di Margaret Thatcher appaiono dimenticati. Così come quelli di Ronald Reagan.
Oggi a prevalere culturalmente è uno slogan zavorra: più Stato e privato in castigo. Ecco perché occorre seguire con attenzione quel che il coraggioso presidente argentino ha intenzione di mettere in campo per liberare l'economia di quel grande Paese. I suoi modi spicci potranno far alzare qualche sopracciglio. Io starei alla sostanza della sua proposta che gli ha permesso di vincere libere elezioni, aspetto che i benpensanti che si stanno stracciando le vesti trascurano per interessi di bottega ideologica.
Meno Stato e più privato è massima virtuosa. Perché libera energie, responsabilizza, fa ripartire l'economia, abbatte gli sprechi, genera crescita. Crea posti di lavoro. E libera lo Stato da incombenze che lo appesantiscono, distraendolo dai suoi compiti primari: autorevolezza e controllo. Dunque, la ricetta la conosciamo: uno Stato più snello, che pesa meno, per nulla imprenditore, oculato; con il privato finalmente nel ruolo di protagonista.
Ma un protagonista che non cede alla tentazione di essere «selvaggio». Un privato avveduto, lungimirante, investitore, profittevole. Insomma, più privato virtuoso fa lo Stato virtuoso. Economicamente parlando il miglior auguro per un fertile 2024.www.pompeolocatelli.it
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