Crescita debole, conti in bilico: torna l'ipotesi manovra

Lo spread aiuta, le privatizzazioni no. Domani i dati sul pil: si teme crescita zero. E si torna a parlare di manovra

Crescita debole, conti in bilico: torna l'ipotesi manovra

La crescita che latita. La revisione della spesa che non produce, ancora, i risultati sperati. Le privatizzazioni che non decollano. Il Tesoro attende la certificazione dell’andamento del pil nel secondo trimestre, sperando che non si traduca in una nuova "gelata" per la crescita già anemica dell’Italia. Nel Def era stato indicato lo 0,8% ma, dicono al Tesoro, "se andrà bene faremo lo 0-0,1%". Non certo un incentivo per un governo già alle prese con il rebus legge di Stabilità. Percorso che si complica con la crescita che non arriva, anche se probabilmente si riuscirà almeno a scongiurare una manovra in extremis sul 2014, complice anche l’ossigeno che arriva dai mercati.

Al ministero dell'Economia, dicono, sono pronti al peggio. La vicenda degli insegnanti "quota 96" e la figuraccia del ministro Marianna Madia non lasciano spazio a dubbi. Margini per allargare i cordoni della borsa e garantire nuove spese, seppure giuste o dovute, non ce ne sono. Se l’obiettivo è quello di tagliare le tasse. Come aveva detto, ricevendo per tutta risposta un sostanziale benservito, il commissario alla spending review Carlo Cottarelli. "Niente manovra e rapporto deficit/Pil sotto il 3%", assicura comunque il premier Matteo Renzi secondo cui "definire le cifre del 2015 è prematuro" anche se viene confermato l'impegno l'impegno a trovare 16 miliardi di euro dalla spending review. E certo, "la crescita è negativa da tempo. Avviandosi verso lo zero - sembra dire quasi con scaramanzia il premier, in attesa dei dati Istat di mercoledì - darebbe segnali di miglioramento". Ma quello che conta è l’occupazione che dà timidi segnali di recupero ("Anche questo mese più 50mila, ma non basta"). Basta gufi, insomma, bisogna chiudere con "il clima di rassegnazione". E che si "farà di tutto" per evitare la manovra, lo ribadisce da ultimo, con prudenza, anche il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta.

Resta il fatto che l’intervento sui conti pubblici per il 2015 sarà "pesante", almeno 20 miliardi. Qualcuno, come i Cinque Stelle, parla addirittura di almeno 30 miliardi. Nella lista della spesa ci sono già 4,9 miliardi per correggere il deficit come previsto dal Def e circa 3 miliardi per evitare che scattino tagli agli sconti fiscali previsti come clausole di salvaguardia. E ci sono poi le spese indifferibili, oltre ai 14,3 miliardi che servono per stabilizzare il calo del 10% dell'Irap e il bonus da 80 euro. "Margini per allargare la platea del bonus - ha ammesso lo stesso Renzi - probabilmente non ce ne saranno". E questo potrebbe aprire una nuova "grana" anche all’interno della maggioranza, vista la battaglia portata avanti da Ncd già con il primo decreto Irpef. "Ci batteremo per l’estensione", ha ribadito la capogruppo alla Camera Nunzia De Girolamo. Peraltro, nella legge che ha introdotto il bonus si fa esplicito riferimento se non altro alla necessità di tenere conto del cosiddetto "fattore a regime" nel momento in cui si renderà strutturale questo primo taglio delle tasse, cioè con la legge di stabilità. "E se non si riesce - ha detto sempre Baretta - bisognerà almeno pensare a fare comunque qualcosa per i pensionati". Ad esempio equiparando la no tax area a quella per i dipendenti.

Se lo spread in continuo calo consentirà di ridurre le spese per interessi, non va meglio però sul fronte del calo del debito: già quest’anno sarebbe dovuto arrivare lo 0,7% del pil dalla cessione del patrimonio e di quote delle società pubbliche. Ma il bilancio vede da un lato le difficoltà delle aste del Demanio e il passo falso su Fincantieri mentre è andata in porto la cessione ai cinesi del 35% di Cdp Reti per 2,1 miliardi, lontani comunque dai circa 11 che vanno trovati. Attesa ora per Enav (domani dopo tre rinvii l’assemblea che dovrebbe nominare il nuovo Cda) mentre sembra ormai scontato che lo sbarco in Borsa di Poste non avverrà prima del 2015.

Sul tavolo anche l’ipotesi di cedere quote di Eni-Enel. Altrimenti entrerebbe in gioco la tanto temuta manovra correttiva. "Senza tasse, per carità!", dicono al Tesoro che sta lavorando a un nuovo piano di tagli ai ministeri.

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