La finanza italiana parla sempre più frequentemente francese. Ma la République non ricambia. Credit Agricole, a poche settimane dalla chiusura dell'offerta pubblica di acquisto sul Creval, ha lanciato una ulteriore Opa sul flottante della controllata (all'82,3% del capitale) FriulAdria quotata sull'Hi-Mtf. Per conquistare le minoranze, i francesi hanno messo sul piatto 166 milioni che si sommano agli 856 versati per la banca valtellinese.
In dettaglio, Cai pagherà 40 euro per azione (di cui 35 subito e 5 se gli azionisti manterranno in vita i rapporti con l'istituto fino al 2024), con un premio complessivo del 37,9%, per procedere a passo spedito verso l'integrazione della società entro fine 2022. In Credit Agricole Italia sono già confluite, nel tempo, le Casse di Risparmio di Parma, La Spezia, Rimini Cesena e San Miniato. Ormai il lavoro è quasi concluso tanto che, ciclicamente, la banca guidata da Giampiero Maioli è indicata dalle voci come interessata alle partite aperte sullo scacchiere bancario italiano.
D'altro canto, ai francesi piace il made in Italy. Fin troppo considerando che, ad oggi, l'unico imprenditore che è riuscito a conquistare un'enclave al di là delle Alpi è stato Leonardo Del Vecchio con il matrimonio tra la sua Luxottica e Essilor (l'imprenditore ha il 32%). Il dominio francese è evidente nelle auto, nel lusso, nell'alimentare, nei semiconduttori e nell'energia. Senza considerare il ruolo della Vivendi di Vincent Bollorè in Tim (23,75% del capitale), in un periodo strategico come quello attuale per la costruzione delle infrastrutture digitali, e nei media (con il tentativo nel 2016 di scalata ostile a Mediaset, poi fallito). Ma, soprattutto, i cugini d'Oltralpe impazziscono per il comparto finanziario tricolore. Un amore che ha fatto alzare le antenne al Copasir, da poco guidato da Adolfo Urso, che, nella sua relazione, nota: «l'attivismo francese sul fronte degli istituti finanziari italiani continua ad essere costante», per poi evidenziare come gli istituzionali d'Oltralpe abbiano già in mano 285 miliardi di debito pubblico italiano (l'11,83% del totale). Un'altra campagna di shopping tra banche e assicurazioni italiane farebbe presumibilmente salire la percentuale. Il fronte è triplice: difendere il risparmio degli italiani e la sua allocazione a sostegno del tessuto economico; circoscrivere il rischio di operazioni sui Btp che possano portare a un aumento dello spread e tutelare i dati sensibili degli italiani
Oltre alla banque verte, anche Bnp Paribas ha fatto acquisti in Italia (Bnl), mentre nell'ambito assicurativo Cnp Assurance Sa ha rilevato a suo tempo Roma Vita e Cisalpina Previdenza e Groupama la Compagnia Nuova Tirrena.
Borsa Italiana è stata poi acquisita da parte Euronext, circuito di listini paneuropeo, partecipato anche da Cdp (al 7,3%) e da Intesa Sanpaolo, ma con sede a Parigi e guidato da Stéphane Boujmah.
Osservati speciali dal mercato e dal Copasir sono Generali da anni vista convergere verso Axa; il suo avamposto, Mediobanca (a cui fa capo il 12,97% del Leone) a lungo presidiato da Bollorè (oggi sceso al 2,1%) e persino su Unicredit (su cui si è speculato di interessi di Société Generale a Crédit Agricole).
«Il Copasir ritiene che sia di rilevanza strategica mantenere l'indipendenza di Generali, assicurata anche dal mantenimento della governance in Italia», si legge nella relazione che avverte come «un'eventuale cessione di Generali ad Axa incrementerebbe in misura considerevole la quota, già elevata, di titoli di Stato italiani posseduta da operatori francesi (il polo avrebbe il 3,5% del nostro debito)».
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