Il rinvio di Basilea 3 e l'iniezione di capitale Bce nei forzieri delle banche hanno placato la crisi disperata di liquidità esplosa nel 2011. Tuttavia, il mondo del credito non si può permettere spese folli: la parola d'ordine è (sempre e comunque) spending review. Una legge non scritta cui, volente o nolente, si devono adattare anche molti dipartimenti informatici: se ci sono aree dell'Ict che non possono subire tagli né ridimensionamenti, è anche vero che, in un momento in cui le risorse scarseggiano, è difficile lanciare proposte di innovazione tecnologica a largo raggio.
L'obiettivo è, quindi, mantenere invariata la spesa Ict dell'anno precedente. Ma questo non significa, necessariamente, rinunciare a cambiare. Perché proprio l'esigenza di spendere meno (e, magari, di rendere «strutturale» il risparmio) sta convincendo sempre più banche a riorganizzare i sistemi informatici. A tagliare i «rami secchi» che si sono accumulati anno dopo anno, semplificando la dotazione informatica. A selezionare i partner tecnologici, magari rinegoziando anche i contratti di collaborazione. A decidere se puntare sull'esternalizzazione, riportare alcuni processi «in casa» oppure valutare, caso per caso, le politiche di sourcing. A dare seguito alle intenzioni espresse, e quasi mai realizzate, di abbandonare il legacy-mainframe (che tuttora costituisce il 90% dell’infrastruttura applicativa nel mondo finance) e di esplorare il mondo open source. Ad aprire con più decisione al cloud.
Interventi strutturali, questi, che accomunano le banche alle assicurazioni e alle altre aziende del mondo finance. E che si accompagnano alla ricerca di un nuovo mix di spesa, che trasferisca il denaro risparmiato in alcune aree su altri interventi più utili e importanti. Questi temi sono stati trattati da una tavola rotonda organizzata da BancaFinanza, moderata da Angela Maria Scullica, direttore di BancaFinanza e del Giornale delle Assicurazioni, a cui hanno partecipato Salvatore Anello, senior executive financial services - sales lead di Accenture; Marco Bertazzoni,vice direttore generale di Bper services; Fabrizio Bogli, presidente di Ism information systems management srl; Carlo Di Lello, responsabile del progetto Paschi Face (Consorzio operativo gruppo Mps); Luca Falco, responsabile direzione Ict del gruppo Banca Carige; Massimo Nichetti, direttore Sistemi informativi e servizi generali di Europ Assistance; Andrea Pettinelli,responsabile della gestione clienti e sviluppo commerciale di Cedacri e amministratore delegato di SiGrade e C-Card, Tiberio Strati,responsabile dei sistemi informativi di Reale Mutua; Danilo Ughetto, responsabile Ict del gruppo Assimoco.
Domanda. Banche e assicurazioni, alle prese con l’esigenza di recuperare risorse, sono costrette a tagliare spese. Anche il settore Ict è coinvolto in questa politica? Il 2012 ha fatto registrare una diminuzione di costi informatici? E che cosa si prevede per l’anno in corso?
Ughetto. Il settore assicurativo si trova in un periodo improntato al cost saving. E noi non facciamo certo eccezione: per quanto riguarda l'It, però, nel 2012 ci siamo però limitati a «sterilizzare» lo spending complessivo inteso come quantità. Il nostro obiettivo per il 2013 è quello di confermare la spesa informatica mantenendo invariati gli investimenti. Mentre, se parliamo della ripartizione dei costi, negli ultimi anni abbiamo optato per una «verticalizzazione» degli investimenti sui canali di vendita (banche di credito cooperativo e agenzie) e per l'avvio di progetti di multicanalità. Sterilizzazione sì, quindi, ma con un maggiore focalizzazione sui progetti orientati a raggiungere una completa integrazione con i sistemi delle banche (single sign on, dati anagrafici e di pagamento) e una semplificazione degli applicativi utilizzati dalle reti di vendita. La sfida più interessante? Estendere la penetrazione sul bancassurance danni, oltre che a quello (ormai consolidato) del vita. In realtà, si tratta di cambiare paradigma, grazie alla semplificazione. E passare da un modello applicato solo ai corner assicurativi nelle banche a una strategia verticalizzata sugli sportellisti. Nelle infrastrutture, invece, gli investimenti si sono orientati alla server consolidation: Per quanto riguarda le politiche di sourcing, infine, in alcuni casi (per esempio, le infrastrutture) abbiamo optato per l'outsourcing, mentre sulle applicazioni core o ad alto costo d’esercizio (come l'area Sap, la business intelligence e via dicendo) abbiamo preferito percorrere la strada opposta e riportare i processi al nostro interno.
Strati. Non possiamo parlare di un taglio indiscriminato degli investimenti, ma di una riorganizzazione: infatti, la direzione ha messo a disposizione una discreta somma per il settore Ict. Certamente, abbiamo puntato a un recupero dei costi. E, per raggiungere questo obiettivo, siamo stati guidati da un imperativo: semplificare. Una strategia che non parte adesso: la compagnia ha, infatti, puntato sull'on line già da alcuni anni, e abbiamo già colmato il gap. L'attività di contenimento dei costi è stata favorita anche grazie all'housing, e abbiamo dato inizio alla virtualizzazione. Poi siamo intervenuti sul back end, che era iperstratificato da molti anni; in questa operazione ci ha spronato l'“obbligo”-Solvency: abbiamo sfruttato l'adeguamento alla normativa per riorganizzare e semplificare le nostre strutture (in questo momento ci stiamo occupando delle macchine, cioè della parte - diciamo così - “pesante”). Molti sforzi sono stati compiuti anche per la messa in sicurezza della piattaforma e per l'adozione di standard di mercato, come per esempio Sap. Insomma stiamo lavorando a 360 gradi, senza poterci permettere una pausa: l'evoluzione corre, crea nuovi spazi e cambia le situazioni - pensate all'esplosione del mobile - e noi non dobbiamo perdere contatto. Naturalmente, il canale privilegiato è quello agenziale: nel 2012 abbiamo risolto i problemi con le reti distributive sulla questione delle performance, che avevano causato lamentele da parte delle reti. E ora puntiamo tutto sulla loro fidelizzazione e sul coinvolgimento della distribuzione tradizionale anche nell'utilizzo attivo delle nuove tecnologie. Per esempio: stiamo pensando di implementare una nuova piattaforma commerciale e di introdurre un modello mobile, in grado di fornire, su smartphone e tablet, tutto il processo che va dal preventivo all'emissione della polizza. Però attenzione: lo sbarco nel mobile sarà rivolto prevalentemente alla rete (e alla sottorete), che poi comunicheranno ai clienti tutti i dati necessari. In ogni caso, il cliente deve poter avere i suoi dati a disposizione in ogni momento, in qualunque modalità e in tempo reale: è un elemento fondamentale per il business. Perché ora il cliente è più informato, si documenta di più. Ci sono i social network, dove la gente parla di noi. Una realtà che, nello stesso tempo, ci spaventa e ci attira, e in ogni caso non è possibile ignorare. Mobile e web 2.0 non sono, comunque, le uniche spinte che ci porteranno nel futuro: ci sono anche la firma grafometrica e la digitalizzazione. Quest'ultima, nel corso del 2013, potrebbe spiccare il volo grazie alla dematerializzazione del contrassegno. E diventare, nell'arco di un biennio, la prossima frontiera.
Falco. Non posso dire che la mia banca ci abbia dato meno soldi per l'It, nel 2012. Ma poi mi chiedo: perché la banca ci dà denaro da investire? Per fare manutenzione? Per sostenere le attività di R&D di un vendor? No di certo. Ci sono contratti con i fornitori: perché non rinegoziarli? E poi: come si può condurre una politica di investimenti efficace? La risposta è, a mio parere, molto chiara: occorre razionalizzare tutte le spese correnti. E ripensare tutto quello che è banca e quello che non è core business, provando a esternalizzare progressivamente in una logica di lungo periodo, per esempio, la parte fiscale e normativa. Dal nostro punto di vista, il 2012 è stato contraddistinto da una strategia che ci ha visti razionalizzare gli investimenti secondo una direttrice ben precisa: spendere molto meno, e utilizzare al meglio quello che si ha già. Ma non in modo – diciamo così – It centrico, ma organizzandosi per capire se è possibile raggiungere questo obiettivo con risorse già presenti in azienda prima di acquisirne delle altre. Per arrivare a questo traguardo occorre organizzare un'analisi preliminare, costruire vari business case, sviluppare una soluzione pilota e testarla. Se tutto va bene si può partire, risparmiando molto, molto denaro. Altrimenti, la struttura It ha semplicemente perso dieci giorni di lavoro. Mi sembra che il gioco valga la candela, no? Comunque, è il processo che deve cambiare. I soldi a disposizione diminuiscono, le risorse sono le stesse o, in alcuni casi, anche meno; quindi occorre agire sui processi, mettendo in discussione quanto si è sempre fatto e cercando un nuovo modello. Questa è un po' la strategia cardine del nostro intervento. Che si svilupperà in vari filoni: riorganizzazione del patrimonio architetturale (in passato abbiamo costruito i sistemi spesso sull’onda di un’innovazione tecnologica, ora abbiamo creato uno standard, e se un vendor vuole lavorare con noi, lo deve rispettare); riorganizzazione del controllo di gestione It, da attuare tramite il controllo settimanale delle spese (budget in continuum); ingresso più deciso nel mondo digitale (non solo il mobile, ma anche il canale internet, che stiamo rivedendo in logica push per offrire ai clienti le informazioni finora non comunicate); dematerializzazione, che partirà a fine anno. A questo punto ci chiediamo: che cosa fare delle filiali? È un dato di fatto che la progressiva estensione della multicanalità abbia portato la clientela a essere meno presente nelle agenzie. Nonostante questo, non abbiamo programmi orientati alla chiusura di sportelli. Piuttosto, dobbiamo chiederci con quale modello relazionale nuovo possiamo affrontare questa diminuzione di pubblico. Quale sarà il nuovo ruolo della filiale nel nuovo contesto sociale di riferimento che è (e sarà) sempre più connotato da mobilità e servizi commodity. Con lo split della nostra banca tra Carige e Carige Italia, andremo dunque a sperimentare alcune novità nelle filiali. In una logica nuova, mutuata da quella dei frequentatori dei social network: bisogna mettere a disposizione dei clienti le capacità e le informazioni che la banca ha a propria disposizione, utilizzando la succursale come luogo fisico solo per quello che riguarda la relazione interpersonale, ma facilitando qualsiasi interscambio cliente-banca per tutto quello che è virtualizzabile. Si potrà, per esempio, creare code privilegiate tramite un dropbox, come quello che tutti noi utilizziamo in aeroporto per la sola consegna bagaglio, avendo già fatto tutte le procedure di check-in. Il cambiamento del modello con cui serviremo la nostra clientela sarà radicale, e indispensabile se vogliamo mantenere una redditività che sostenga i costi fissi abbattendo più barriere possibile. Insomma: portare la logica di network sociali allo sportello bancario è possibile, ma per farlo sarà necessario ripensare totalmente il modello di servizio. Anche per questo motivo stiamo riportando pesantemente in house l'intera gestione dei contatti con il cliente.
Di Lello. Il settore Ict del gruppo Montepaschi sta vivendo un momento particolare della propria storia. Da un lato abbiamo l'esigenza di contenere le spese, dall'altro quella di rinnovare il nostro parco It, che è ormai da rivedere in profondità, perché in parte desueto dal lato tecnologico e non adeguato dal punto di vista dei processi. Quindi, negli ultimi due-tre anni abbiamo puntato a diminuire i costi in modo del tutto simile alle altre banche, e a focalizzare gli sforzi economici su pochi importanti interventi correlati al rinnovamento del parco applicativo. Per questo motivo abbiamo creato una struttura del tutto nuova, con risorse provenienti anche dalle aree organizzative e commerciali, che concentra il suo lavoro su un singolo progetto. L'obiettivo di questo piano è cambiare completamente il modo di lavorare di tutte le persone che operano nelle filiali e orientarle ai processi, semplificando l'interfaccia utente (tutta web) e razionalizzando le applicazioni trasferendole, quando è conveniente, dal mainframe ai sistemi open. Oltre alle filiali abbiamo rivisto l'internet banking, anche per Android e Ios. Dopo quasi tre anni dalla partenza del progetto siamo giunti alla sua parte finale.
Nichetti. Europ Assistance si discosta dalle compagnie assicurative tradizionali, perché si occupa di assistenza. E, tradizionalmente, lavora sul b2b, in modalità multicanale. Cioè con le compagnie e con la distribuzione assicurativa, ma anche con business partner (tour operator, costruttori automotive e via dicendo) e agenzie di viaggio. Se vogliamo parlare soprattutto di servizi assicurativi, possiamo dire che il nostro obiettivo è quello di semplificare il mondo della polizza alle agenzie di viaggio. Tuttavia, i margini del canale b2b sono in riduzione: per questo motivo abbiamo sviluppato una strategia b2c, in continua evoluzione, che negli ultimi anni ha conquistato un giro d'affari pari all'8-10%. Che cosa ha comportato questa scelta nell'organizzazione informatica? Il passaggio a una piattaforma Crm di ultima generazione, integrata via web service con il portale di e-commerce e con il sistema di portafoglio. Per quanto riguarda le infrastrutture, abbiamo sviluppato due voci. La prima è il consolidamento. Per ridurre i costi delle applicazioni legacy-mainframe abbiamo portato tutto il mondo Cobol su piattaforma Linux (nel dettaglio, il nostro obiettivo era il calo costi di licenza/manutenzione, che sono scesi a poche decine di migliaia di euro l'anno). La seconda voce è, invece, il passaggio a un'infrastruttura It, tutta su virtuale. Per il disaster recovery, invece, sfruttando la nostra sede secondaria di Rende (Cs), abbiamo fatto crescere il nostro sito di disaster recovery/business continuity, dove manteniamo allineati i dati di produzione, movimentati sul data centre di Milano, con la copia di backup gestita dal sito secondario. Per quanto riguarda il consolidamento applicativo, siamo andati verso soluzioni standard di mercato, riducendo la componente legacy che era a sviluppo interno. La prossima frontiera? Un utilizzo più organico e frequente della telematica. Un esempio su tutti: oggi, i carri attrezzi per l’assistenza stradale sono forniti di Gps, mentre domani lavoreranno con un rugged device professionale (tablet o cellulare), accoppiato a una black box; questo cambiamento ci darà la possibilità di ingaggiarli mentre sono disponibili e in movimento. Dal lato cliente business, invece, siamo già integrati con diverse app dei nostri partner, così da permettere ai loro clienti di richiedere la nostra assistenza stradale con un’integrazione diretta sui sistemi di back end. Dal punto di vista della pura tecnologia, nel 2012 abbiamo leggermente ridotto gli investimenti, ma ritorneremo a spendere nel 2013: in particolare, completeremo la virtualizzazione dell’infrastruttura telefonica e dei desktop aziendali, ma anche il consolidamento applicativo, andando a dismettere alcuni sistemi legacy di back end.
Bertazzoni. Come specificato nel nostro piano industriale, stiamo lavorando su molti fronti. Quattro in particolare. La cost reduction, prima di tutto, per un monte triennale (2012/2014) di oltre 20 milioni, già conseguito per oltre un terzo nel corso del 2012. Come arrivarci? Semplice: cerchiamo di ridurre il numero di fornitori, ma in logica di partnership. Vale a dire: selezioniamo i vendor (e scegliamo i migliori, con cui continueremo a lavorare); rinegoziamo i contratti, ma nello stesso tempo fidelizziamo i fornitori. Poi si passa ai processi: il traguardo a cui vogliamo arrivare è il cambiamento della modalità di acquisto, per arrivare a un cambio di modello entro il 2014. I soldi risparmiati con la cost reduction verranno totalmente reinvestiti. In altre parole, non ci saranno tagli: la spesa Ict 2012 è in linea con quella dell'anno precedente. La seconda voce di intervento è il mondo della business continuity e della disaster recovery. L'anno scorso abbiamo scoperto che l'Emilia è instabile e vulnerabile agli eventi sismici: dopo aver gestito le conseguenze del terremoto, abbiamo iniziato a investire sul rafforzamento dei piani di continuità operativa. E abbiamo previsto la duplicazione - e, qualche volta, la triplicazione - dei dati. Il terzo intervento riguarderà la multicanalità: avevamo un approccio molto tradizionale, ma ora vogliamo aggredire la clientela giovane. La parola d'ordine è “diversificazione”: abbiamo realizzato nuovi siti istituzionali e nuove piattaforme di home banking; evolveremo l'help desk in contact centre; porteremo gli Atm evoluti da dieci a 100 e cambieremo il concept di filiale, più automatica e con un design diverso (per esempio: il direttore sarà sempre al centro dell'agenzia). Infine - ultimo punto - procederemo con l'integrazione di alcune banche controllate: in particolare quelle del centro. Oltre a questi quattro fronti di intervento, la nostra banca si è occupata e sta integrando fra loro il Crm, il controllo di gestione e la portafogliazione della clientela. E sta facendo evolvere la società consortile Bper services in una vera macchina operativa di gruppo con un rinnovamento dell'It, dei back/middle office e dell'ufficio acquisti di gruppo.
D. In che modo i vendor tecnologici possono adattarsi a questa nuova situazione?
Bogli. Devono porsi, ancora più di prima, non come semplici fornitori, ma come partner di banche e assicurazioni. Un'esigenza, questa, che non dipende solo dalla spending review, ma che era attuale anche nei periodi precedenti alla crisi. Tanto più che, già dall'inizio del nuovo millennio, era cambiato il rapporto tra banche e fornitori. Dalla formula di consulenza “a tempo”, che si utilizzava fino al 2000, si è passati al modello a contratto. Una soluzione più interessante, perché da un lato permette all'istituto di credito e alla compagnia assicurativa di non sforare i costi previsti, dall'altra dà ai vendor un valore aggiunto. Questo valore è correlato alla particolarità del fornitore, al suo modo di lavorare, al know how che porta al partner. Per questo motivo, le soluzioni standardizzate non costituiscono, a mio parere, la scelta migliore per il buyer. Costano poco, è vero, ma ne appiattiscono l'offerta commerciale: è ovvio che se tutte le banche o assicurazioni offrissero gli stessi, identici prodotti non ci sarebbe diversificazione competitiva. Tuttavia, se proprio sceglie offerte standard, il buyer dovrebbe almeno dimostrarsi propositivo, e integrarle in maniera personalizzata. Ma torniamo al rapporto tra fornitori tecnologici e mondo finance. Posso parlare della situazione piemontese, che è poi la realtà in cui ha sede la mia azienda. Una situazione che non ho problemi a definire “disastrosa”. I grandi buyer piemontesi (o ex piemontesi), escluso il gruppo Reale Mutua, hanno ormai la tendenza, migrando le loro attività Ict su altri territori, a rivolgere principalmente la loro domanda Ict verso imprese che operano al di fuori dal territorio. Eppure, il Piemonte è un'area con una forte e consolidata competenza nel settore; nonostante questo, il buyer la paga di meno a parità di qualità. Anche per questo motivo, il distretto tecnologico piemontese rischia di sparire, anche se riusciamo a fare progetti in casa, senza esternalizzarli in zone come l'India. Ecco: i paesi emergenti. Quanto conviene a un'azienda tecnologica affidarsi a risorse che lavorano da così lontano? Conviene di più sviluppare in casa. È vero che un lavoratore indiano, o cinese, viene pagato molto meno... ma poi c'è il coordinamento. Che costa. Lo sviluppatore di Pechino può avere una conoscenza forte della tecnologia Ict, ma poi non ha esperienza della realtà in cui operiamo, e ci obbliga a creare una sovrastruttura di coordinatori che agiscano da interfaccia tra noi e loro. A questo punto – e ve lo dice uno che ci ha provato (rimettendoci) a lavorare con la Cina – è meglio fare le cose al proprio interno. Se solo i buyer locali valorizzassero le nostre competenze...
Pettinelli. Abbiamo messo in atto una politica di riduzione generale dei costi che ha previsto, tra l’altro, la delocalizzazione in Moldavia di alcune attività di sviluppo software e back office. Ricordiamo che nel paese parlano una lingua neolatina e sono vicini anche dal punto di vista geografico e operativo, dato che c'è una sola ora di differenza nel fuso orario. Grazie alle politiche di saving adottate negli ultimi anni siamo stati in grado di continuare a investire sui sistemi informativi anche in modo più rilevante rispetto al passato, concentrandoci sulle principali aree di interesse della banca: i canali, con il rinnovo del front end di filiale e il rifacimento completo di internet e mobile banking; i crediti con nuovi sistemi di rating e di monitoraggio; i sistemi di pagamento, con soluzioni di monetica integrata e di mobile payment; i sistemi di sintesi, con la nuova soluzione di controllo di gestione; la finanza, con sistemi di consulenza avanzata. Questi investimenti ci consentono anche di rivolgerci al mercato delle banche medie, che non hanno scelto la strada dell’outsourcing completo.
D. Pay per use: può essere un toccasana in tempo di crisi?
Anello. Il pay per use, cioè «pago per ciò che utilizzo», è un paradigma in crescita allineato ai trend di evoluzione tecnologica in termini di cloud. È utile affermarlo: fare banca e assicurazione costa sempre di più, e occorre rendere più efficienti i costi. Ma non bisogna pensare di farlo in maniera tradizionale o flat, né con tagli indiscriminati agli investimenti che a lungo termine renderebbero impossibile qualsiasi evoluzione. Le trasformazioni indotte dalla crisi accelerano il cambiamento e l'adozione di nuovi processi: occorre approfittarne per aggiornarsi, e tagliare le spese che non producono innovazione. Prendiamo il legacy (cioè i sistemi mainframe che ancora costituiscono il 90% dell’infrastruttura applicativa nella finanza): si parla da anni di abbandonarlo, ma non è mai stato messo davvero in discussione. Almeno fino a poco tempo fa. Ora, infatti, rendere più razionali gli investimenti è diventato necessario. E così si comincia a fare qualcosa per mandarlo in pensione. Non è solo la crisi del legacy a caratterizzare i nuovi processi che vengono accelerati dalla congiuntura. C'è anche il social It, a cui si è già accennato. Perché il social It? Perché è un mondo estremamente semplice per modalità di interconnessione e di associazione. E lo si può imparare dai figli (almeno: io ho fatto così). La tendenza in atto è quella di integrare le tecnologie, ma nello stesso tempo di difendere la proprietà intellettuale. Altra considerazione: il budget It è mediamente tra il 12% e il 14% delle spese di una banca. Una percentuale limitata, è vero, ma in grado di orientare e condizionare i processi che sono (per così dire) cristallizzati nel software applicativo. Per questo motivo, soprattutto in un momento storico come questo, occorrerebbe aumentare gli investimenti informatici, per poter cambiare i processi che generano l’85% dei costi operativi. Perché per disfarsi del legacy bisogna spendere molto, sicuramente di più di quanto si è fatto finora. Bisogna prendere esempio dai mercati emergenti: per esempio in Russia o Turchia, dove si investe di più in change che in run. O l'America Latina, un mercato in crescita dove si continua a spendere. L'Europa continentale è ferma, ma la situazione deve cambiare. Inoltre, come già detto, la crisi ci porta a ripensare tutto, e può aiutarci a cambiare mentalità. Possiamo continuare a produrre budget inerziali, oppure navigare a 18 mesi e vedere come funziona. O ancora fare come alcune nuove realtà: spostarsi sul breve termine e confrontarsi con budget settimanali.
D. Quali saranno gli interventi prioritari di banche e assicurazioni nell’Ict per il 2013? Identificate uno o due concetti chiave.
Ughetto. Semplificazione.
Pettinelli. Dematerializzazione.
Strati. Social e cloud.
Di Lello. Creatività. Uscita dagli schemi.
Anello. Processi leggeri con nuovi sistemi.
Nichetti. Semplificazione.
Bogli. Coraggio di sperimentare l’intelligenza artificiale.
Bertazzoni.
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