In questo strano 2020, segnato dall’emergenza sanitaria prima e dalla crisi economica poi, i rischi legati a sinistri di responsabilità civile connessi alla sicurezza alimentare e ai richiami di prodotti sono al terzo posto. Al centro della questione, come ricorda il sito Business Insider, ci sono i prodotti alimentari che vengono ritirati dai supermercati, per un motivo o per un altro. Se il consumatore, ad esempio, può avere solo noie riguardo il non trovare più un prodotto specifico, ben diverso è il discorso per chi produce: quest’ultimo, infatti, a causa del richiamo potrebbero subire un vero e proprio salasso sia in termini diretti sia in termini legati all’immagine.
Per un’azienda, In base ai numeri forniti da uno studio del Food Marketing Institute e della Grocery Manufacturers Association (Gma), per un’azienda il costo medio del ritiro di un prodotto dal mercato si aggira sui 10 milioni di dollari. Una cifra decisamente alta che include diverse voci: tra queste vi sono i danni legati all’immagine del marchio, le vendite perse, gli investimenti in campagne stampa "di recupero" e altri costi "fissi". Risultati simili sono stati ricavati anche per il settore del cibo e delle bevande: le richieste medie alla compagnia di assicurazione sono pari a 9,5 milioni di dollari per ogni prodotto ritirato dal commercio.
Quella del richiamo di un prodotto da negozie e supermercati è un problema serio per le aziende. Negli ultimi anni, come sottolinea ancora il rapporto, i richiami di alimenti sono aumentati in tutto il mondo. Diverse le motivazioni alla base di questo trend: innanzitutto vi è una produzione mondiale che implica, di conseguenza, anche immediati richiami globali. Non meno importanti altri due fattori: un minor numero di operatori in catene di fornitura complesse e un maggiore controllo normativo. In quest’ultimo caso si associa anche una migliore tecnologia che consente una tracciabilità più efficiente e il rilevamento di agenti patogeni.
Ma non va dimenticato il ruolo sempre più dominante dei social network attraverso i quali gli utenti diffondo notizie in tempo reale. Ma non sempre questo è un elemento positivo. Perché possono essere pubblicate notizie che poi si rivelano essere false. Stewart Eaton, responsabile divisione Global Crisis Management, Recall ad Agcs, spiega "i social media possono esacerbare la situazione quando c’è un richiamo di prodotti, se non gestiti bene". Al contrario, "possono essere utili a mettere in guardia in anticipo il consumatore". In generale, aggiunge Eaton, "i produttori devono essere in grado di riconoscere i fattori di rischio, essere meticolosi con i loro fornitori e condurre audit regolari".
Nel 2020 i richiami di prodotti da negozi e supermercati potrebbero essere un effetto legato in qualche modo alla pandemia di coronavirus. In questo caso, secondo gli esperti di Agcs, due forze agiscono in direzione opposta. Da un lato, infatti, ci sono gli standard igienici che sono sensibilmente aumentati: questo potrebbe ridurre i rischi di contaminazione che sono una delle cause principali dei richiami di alimenti e bevande.
Dall’altro l’esposizione al rischio potrebbe aumentare a causa delle nuove metodologie, delle fabbriche temporaneamente chiuse e riavviate, della forza lavoro che opera da remoto, della diminuzione delle visite di ispezione e di catene di fornitura irregolari. Solo a fine anno si potrà capire quale forza ha avuto la meglio. La speranza è che qualsiasi sia il risultato i consumatori possano acquistare i prodotti in massima scurezza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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